mercoledì 18 settembre 2013

Guida rapida ai casi di scioglimento del contratto

Volendo utilizzare un termine generico, lo scioglimento di un contratto può avvenire per varie ragioni, ciascuna delle quali si "traduce" in rimedi giuridici differenti, basati su presupposti precisi e aventi conseguenze diverse.
Pensiamo a quando ci leghiamo ad una società per ottenere un certo servizio (fornitura di energia, lavori di ristrutturazione etc.): può accadere che questo servizio non ci venga erogato, che la società ci abbia ingannato su ciò che ci offriva, che - più semplicemente - intendiamo liberarci da quel contratto per un ripensamento...
Ecco perché in questo post individueremo i casi più frequenti di cessazione del rapporto contrattuale, senza pretese di completezza: lo scopo è soltanto quello di spiegare la terminologia usata dal nostro codice civile per avere le idee più precise nel caso in cui dovessimo deciderci a rompere l'accordo.
Cominceremo col dire che non sempre lo scioglimento del contratto è voluto solo da una parte: se per concludere il contratto è necessario il consenso di tutte le parti, è chiaro che le stesse parti possono concordare per lo scioglimento. Ecco perché una prima causa di rottura del vincolo può essere il mutuo consenso (o mutuo dissenso).
Una causa frequente di scioglimento del contratto è invece la risoluzione: con questo termine si intende, nel caso più ricorrente, il rimedio concesso contro la parte inadempiente, cioè la parte che non ha tenuto fede ad uno o più obblighi derivanti dal contratto. Un esempio semplice: ho concluso un contratto con un'azienda telefonica che si era impegnata ad attivarmi un servizio, ma ciò non è avvenuto. Oppure: Tizio si è obbligato a consegnarmi del materiale per il matrimonio di mia figlia entro il giorno della cerimonia, ma non ha adempiuto per colpa propria rendendo inutile un adempimento successivo (cosiddetto "termine essenziale"). Altri casi di risoluzione possono invece andare a beneficio della parte inadempiente, anche se ciò può sembrare strano: può accadere, infatti, che io non possa più eseguire la prestazione per una causa non dipendente da me e che rende impossibile onorare il contratto (c.d. "impossibilità sopravvenuta"). Un esempio classico: mi impegno a consegnare tre scatole di un prodotto farmaceutico che, però, viene dichiarato illegale dopo aver concluso il contratto.
Si può dire, in generale, che i casi di risoluzione sono accomunati dal verificarsi di un evento "traumatico", successivo alla conclusione dell'atto e spesso imputabili ad una parte; tant'è vero che a volte, come nel caso dell'inadempimento, oltre alla risoluzione è possibile chiedere anche un risarcimento.
Vi sono invece dei casi in cui l'evento che legittima lo scioglimento del vincolo è contemporaneo alla conclusione, come avviene nelle ipotesi di rescissione del contratto quando questo è stato concluso: a) in stato di pericolo, con condizioni inique per un soggetto (l'esempio di scuola è la guida alpina che, approfittando dello stato di pericolo di una persona che rischia di precipitare, chiede una cifra esorbitante per il salvataggio); b) in stato di bisogno, con lo sfruttamento di tale stato e squilibrio delle prestazioni (esempio: vendo un bene ad un prezzo molto più basso del suo valore perché ho bisogno di comprare delle medicine che non potrei procurarmi altrimenti).
Sono ulteriormente diversi i casi in cui, a prescindere da eventi "traumatici", viene concessa ad una parte la possibilità di sciogliere unilateralmente il vincolo, senza dover pagare nulla e senza la necessità del consenso della controparte: ciò avviene con il recesso dal contratto, un diritto accordato di solito al "contraente debole", per esempio al consumatore o all'acquirente di una certa merce.
Vale la pena, infine, spendere alcune parole anche sui casi in cui si intenda far valere la invalidità di un contratto: termine, questo, usato genericamente in diritto per indicare la non corrispondenza dell'atto rispetto ai requisiti indicati dalla legge: in breve, possiamo dire che il contratto è nullo se manca di alcuni requisiti essenziali prescritti dalla legge (ad es. la forma scritta, se è richiesta), o il consenso delle parti; è annullabile per vizi "meno gravi" rispetto a quelli che determinano la nullità, come quando il consenso c'è, ma è stato inficiato da un errore (ad es. sulle qualità di un bene).

venerdì 6 settembre 2013

Foto dell'ex coniuge su Facebook: sono utilizzabili in giudizio?

Uno degli aspetti più interessanti del diritto è la necessità di adeguare le norme e la loro interpretazione al mutare dei tempi: pensiamo alle nozioni di "comune senso del pudore" o di "buon costume" che ancora resistono nella nostra legislazione, seppur con contenuti diversi da 50 anni fa. I giuristi parlano di "diritto vivente" proprio con riferimento a questo fenomeno, molto visibile soprattutto nelle interpretazioni dei tribunali.
Non deve stupire, pertanto, che anche i contenuti divulgati su Facebook finiscano ormai costantemente negli atti giudiziari: c'è chi viene diffamato tramite i social network, chi viene perseguitato o molestato, chi scopre una relazione extraconiugale proprio grazie ai "tag" o a commenti vari.
E' per questo che ritengo interessante riportare quanto stabilito nel giugno scorso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, in sostanza, ha ritenuto utilizzabili in giudizio le prove prelevate da Facebook. Facciamo come gli avvocati e distinguiamo tra fatto e diritto.
Questi i fatti: due coniugi si separano consensualmente e rinunciano a chiedere un mantenimento, essendo economicamente autonomi. Quando la donna perde il lavoro anche per problemi di salute, chiede al Tribunale la modifica delle condizioni della separazione consensuale per ottenere un mantenimento dal marito; quest'ultimo si oppone dicendo che la donna ormai convive con un altro uomo e che ciò le consente di mantenere un tenore di vita addirittura migliore rispetto a quello matrimoniale. Per dimostrare tutto questo, il marito scarica da Facebook alcune foto della (quasi ex) moglie con il nuovo compagno.
Apro una piccola parentesi: una nuova relazione del coniuge separato, anche se si trasforma in una convivenza di fatto, non causa di per sé la perdita del diritto al mantenimento poiché ciò che è realmente determinante è il fatto che il coniuge separato mantenga un tenore di vita uguale a quello matrimoniale.
Detto questo, passiamo al tema di diritto: che valore hanno le prove raccolte su Facebook? Secondo il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere è vero che i contenuti di FB sono protetti dalle impostazioni sulla privacy, ma è anche vero che le foto e le notizie pubblicate sul proprio profilo non sono coperte da quella segretezza che è invece propria delle chat o di altri programmi di messagistica: solo in questi ultimi casi, infatti, si può parlare di una corrispondenza privata protetta al massimo grado anche come diritto di rango costituzionale (art. 15), mentre le informazioni pubblicate su FB e accessibili a terzi, anche se non si tratta dei contatti nella lista delle amicizie, non possono godere di questa speciale tutela e sono quindi ammissibili come prove, liberamente valutabili dal giudice per la sua decisione, che nel caso specifico è stata quella di rigettare il ricorso presentato dalla donna.
E' chiaro che la pronuncia di un "piccolo" Tribunale non ha la forza di un precedente vincolante poiché non è assistita dal prestigio che può avere invece una decisione della Corte di Cassazione, che prima o poi sarà sicuramente chiamata ad occuparsi di questioni simili. Tuttavia questi primi orientamenti rendono la materia interessante e attuale, per cui resta fondamentale seguirne le evoluzioni sia per chi è appassionato di diritto, sia per chi vive queste situazioni e vuole avere qualche indicazione nel caso in cui volesse far valere le proprie ragioni.