martedì 18 marzo 2014

Domanda & Risposta: le spese legali

La recente emanazione del regolamento ministeriale sui parametri per i compensi dei legali (avvocati e praticanti abilitati) offre un ottimo spunto di riflessione per un argomento che da tempo volevo trattare sul blog, cioè le spese da affrontare per una causa oppure per una consulenza legale. In particolare, nello spirito di questo blog, vorrei dare al lettore pochi chiarimenti in forma di domanda e risposta, solo per rispondere ai dubbi più ricorrenti, rimandando un'analisi più approfondita ad eventuali commenti e ad articoli futuri.

1. Chi stabilisce il compenso per il legale?
Il criterio-guida è l'accordo fra legale e cliente: tra i due può essere stipulato un vero e proprio contratto d'opera professionale in forma scritta, con la previsione del compenso e l'oggetto dell'attività (procedimento civile/penale, consulenza stragiudiziale etc.). Il legale, quindi, può praticare al cliente anche un "prezzo" inferiore rispetto ad altri colleghi e rispetto ai parametri del link sopra riportato.
Una seconda strada è appunto quella dei parametri indicati dal regolamento ministeriale: in sostanza è il giudice che, all'esito di una causa, liquida le spese direttamente in sentenza, tenendo presenti aspetti come il tipo di procedimento, il valore dello stesso, le fasi in cui si articola etc. Il lato positivo dei parametri è che la persona che intenda intraprendere un giudizio o chiedere una consulenza può farsi un'idea dei costi da sostenere e valutare così l'opportunità di agire, fermo restando che (come detto) l'accordo con il legale può prevedere un compenso diverso.

2. Chi paga le spese legali?
Il cliente, in linea di principio, è tenuto ad anticipare le spese, tanto per il giudizio (es.: marche da bollo, contributo unificato, copie etc.), quanto per l'attività professionale del legale. Solitamente si versa un acconto al conferimento dell'incarico o "per fasi", poiché normalmente l'attività del legale prevede vari momenti che peraltro anche il regolamento ministeriale considera: è di nuovo importante sottolineare che l'accordo legale-cliente deve basarsi sulla fiducia reciproca e sulla trasparenza soprattutto sugli aspetti economici e sulla difficoltà dell'opera.

3. Ma non vale la regola del "chi perde paga"?
Nel processo civile sì, perché il giudice, in sentenza, "condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa" (art. 91 c.p.c.): ne deriva che le spese anticipate possono essere recuperate in caso di "vittoria". 
Accade spesso, però, che il giudice "compensi le spese", stabilendo che ogni parte dovrà pagare per sé e non anche per le altre. Ciò si verifica soprattutto in caso di "soccombenza reciproca", cioè quando (in termini atecnici) il giudice accerta che la ragione non sta tutta da una sola parte; tuttavia, la compensazione delle spese può essere decisa dal giudice anche quando si "vince" la causa, per una serie di "giusti motivi" che magari qui sarebbe lungo spiegare ma che, occorre dirlo, vengono spesso invocati dai giudici italiani.
E' bene evidenziare che il giudice liquida le spese che ritiene necessarie e proporzionate all'attività svolta, per cui - eventualmente - il cliente dovrà sopportare spese maggiori corrisposte al legale sulla base degli accordi intercorsi.
Nel processo penale, invece, la parte sostiene interamente l'onere delle spese anche in caso di assoluzione, e può recuperarle solo in rari casi (ingiusta condanna accertata dopo la revisione del processo, tanto per fare un esempio).