tag:blogger.com,1999:blog-81676032371390801842024-03-08T18:06:57.296+01:00Matti da legaleBlog di informazione giuridica. Il diritto di conoscere il diritto.Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.comBlogger53125tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-35759671326370142772017-06-28T19:19:00.001+02:002017-06-28T19:23:33.039+02:00I sette requisiti del mobbing, tra diritto e psicologia<div style="text-align: justify;">
<a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2013/11/il-mobbing-sul-lavoro-la-tutela.html" style="font-family: inherit;" target="_blank">Questo blog si è occupato già in passato del cosiddetto "mobbing"</a><span style="font-family: inherit;">, ossia di quel fenomeno che si verifica sul luogo di lavoro quando il lavoratore è vittima di varie forme di vessazione, prevaricazione e pressione psicologica.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nell'articolo pubblicato qualche anno fa, evidenziammo - fra l'altro - che la legge italiana non dà una definizione del mobbing, né lo affronta con norme specifiche; tali mancanze hanno reso inevitabile il moltiplicarsi di una ricca casistica sul fenomeno, che fondamentalmente rimane affidato all'interpretazione dei Tribunali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, negli ultimi anni la materia ha ricevuto un discreto riordino grazie ad alcune sentenze della Corte di Cassazione, che ha cercato quantomeno di indicare dei confini più netti entro i quali si può valutare il fenomeno.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In particolare, per quanto difficile possa risultare un'analisi "scientifica" del mobbing, i Tribunali italiani sembrano ormai assestarsi intorno al cosiddetto "metodo Ege", elaborato dallo psicologo del lavoro Harald Ege.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tale metodo consente non solo di verificare se un caso specifico può integrare mobbing, ma anche di quantificare il danno economico risarcibile al lavoratore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nella <a href="http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=13381:cassazione-civile-sez-lav-15-maggio-2015-n-10037-mobbing-sette-parametri-di-riconoscimento-della-fattispecie&catid=16:cassazione-civile&Itemid=60" target="_blank">sentenza n. 10037 del 2015</a> la Cassazione ha richiamato proprio i sette parametri che - secondo il metodo Ege - dovrebbero sussistere contemporaneamente per poter affermare che ci si trova di fronte a un caso di mobbing.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In dettaglio, tali parametri sono:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">1. l'ambiente lavorativo, nel senso che gli episodi di mobbing devono svolgersi sul posto di lavoro o quantomeno dipendere dal rapporto di lavoro;</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">2. la frequenza, poiché tali episodi devono ripetersi con una certa regolarità;</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">3. la durata, nel senso che il conflitto deve andare avanti da almeno sei mesi;</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">4. la tipicità delle azioni vessatorie, che devono rientrare in precise categorie elaborate dalla psicologia del lavoro;</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">5. il dislivello tra gli antagonisti (la vittima deve trovarsi in una situazione di costante inferiorità); </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">6. l'andamento secondo fasi successive, nel senso che, secondo la psicologia del lavoro, il conflitto si sviluppa in varie fasi ed è necessario che nel caso specifico si sia raggiunta almeno una parte di esse;</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">7. l'intento persecutorio, dal momento che le azioni poste in essere nei confronti della vittima devono far parte di un disegno unitario e diretto alla mortificazione del lavoratore, alla sua esclusione dall'ambiente lavorativo o comunque alla sua sofferenza psicologica.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In presenza di tali parametri, che ovviamente vanno accertati in giudizio mediante consulenze di vario tipo, questionari sottoposti al lavoratore e testimonianze, è plausibile che il Giudice accerti l'esistenza di un danno per il lavoratore e condanni il datore al risarcimento.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come si può vedere, la materia è ancora ai confini fra il diritto e la psicologia; torniamo a ripetere, dunque, che servirebbe un intervento legislativo che possa inquadrare meglio il fenomeno e assicurare una più ampia tutela ai lavoratori.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-21878873501658914832016-10-26T19:03:00.002+02:002016-10-26T19:03:29.091+02:00Non ritirare atti giudiziari o raccomandate: una pessima idea<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un problema che spesso noi avvocati ci troviamo ad affrontare è il mancato ritiro degli atti giudiziari o delle raccomandate da parte di clienti che, poi, si trovano in situazioni irrecuperabili.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Restando nello <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2013/03/un-altro-blog-ma-basta.html" target="_blank">spirito di questo blog</a>, che - come ho scritto più volte - è destinato soprattutto ai "profani" del diritto, eviterò molti tecnicismi e dirò subito che rifiutare o non ritirare i plichi consegnati dal postino o dall'ufficiale giudiziario è una pessima idea, benché molti siano convinti che, in tal modo, si possa utilizzare la scusa di non aver mai ricevuto niente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La legge distingue, infatti, fra la "conoscenza legale" dell'atto e la "conoscenza effettiva": solitamente, se ricorrono alcuni presupposti previsti dalle norme vigenti, l'atto notificato si presume conosciuto dal destinatario anche se quest'ultimo non ha materialmente visionato il contenuto della busta ricevuta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ciò avviene, per citare un caso molto frequente, quando il destinatario dell'atto rifiuta di ricevere la busta nell'errata convinzione che ciò vada a suo favore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando, invece, l'atto non può essere notificato per assenza del destinatario o di altre persone che potrebbero, per legge, riceverlo al suo posto, vi sono meccanismi alternativi che ne garantiscono la "conoscenza legale", come ad esempio il deposito dell'atto presso la casa comunale (per gli atti giudiziari) o presso l'ufficio postale (per le raccomandate), seguito dall'invio di una raccomandata informativa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se l'atto non viene ulteriormente ritirato, la notifica si considera perfezionata per "compiuta giacenza" dopo un certo periodo e, dunque, non è una buona idea nemmeno far decorrere questo lasso di tempo senza curare il ritiro dell'atto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le conseguenze del rifiuto o del mancato ritiro di un atto, come accennavo sopra, possono essere molto pesanti: ad esempio, se si rifiuta la notifica di una cartella esattoriale, sarà più difficile contestare un futuro atto di pignoramento o un fermo amministrativo eccependo vizi propri della cartella presupposta, proprio perché questa andava impugnata autonomamente entro il termine di legge decorrente dalla sua notifica. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' quindi sempre consigliabile ritirare le raccomandate o gli atti giudiziari notificati e prenderne visione senza danneggiare o gettare via la busta, per poi recarsi da un avvocato nel più breve tempo possibile, poiché in molti casi la legge prevede termini assai brevi per difendersi.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-86233822946426233222016-05-26T15:37:00.000+02:002016-05-26T15:42:56.760+02:00L'e-mail "Querela per diffamazione aggravata" è una bufala, anche pericolosa!<div style="text-align: justify;">
Ecco un buon motivo per conoscere qualche principio elementare di diritto: può evitarvi brutte figure e...un virus sul computer.</div>
<div style="text-align: justify;">
Da qualche giorno, infatti, sta arrivando a molti utenti un'e-mail firmata da uno Studio Legale che invia una "querela per diffamazione aggravata", specificando che il destinatario avrebbe posto in essere, su Facebook, una "attività lesiva e dichiaratamente diffamatoria del diritto all’immagine, al nome, alla dignità e alla riservatezza" della Signora Francesca De Rossi.</div>
<div style="text-align: justify;">
Tuttavia, una querela (<a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2014/01/esposti-denunce-querele-e-scritti.html" target="_blank">atto del quale abbiamo già parlato in un altro articolo</a>) NON viene in alcun modo inviata al presunto autore del reato, poiché è un atto che la vittima (o il suo avvocato) presentano all'Autorità Giudiziaria, eventualmente per il tramite delle Forze dell'Ordine.</div>
<div style="text-align: justify;">
La mail in questione, dunque, è una bufala ed è anche pericolosa, poiché può costare addirittura un virus per il computer se si clicca sul pulsante "scarica documento".</div>
<div style="text-align: justify;">
Chiunque avesse ricevuto tale comunicazione non deve fare altro che cestinarla immediatamente.</div>
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<br /></div>
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N.B.: al contrario di molti siti internet, non ho riportato, nel mio articolo, il nome dello Studio Legale indicato nella mail perché lo Studio esiste per davvero e, oltre ad essere vittima della bufala, ha subìto anche una certa pubblicità negativa dalla vicenda e dal modo in cui è stata raccontata: preferisco, dunque, evitare ulteriori pregiudizi per i Colleghi.</div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-66237754650251499092016-03-25T13:31:00.001+01:002016-03-25T13:31:35.165+01:00In vigore l'omicidio stradale: qualche lecito dubbio<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2015/04/omicidio-stradale-fare-presto-ma-fare.html" target="_blank">E' passato quasi un anno da quando ci occupammo, su questo blog</a>, del cosiddetto "omicidio stradale", che allora era un reato ancora allo studio del legislatore e che, invece, oggi entra ufficialmente in vigore per effetto della <a href="http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/03/24/16G00048/sg" target="_blank">Legge 23 marzo 2016, n. 41.</a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Va subito detto che la legge non introduce il solo omicidio stradale, ma anche le lesioni personali stradali, e contiene numerose norme extra-penali di notevole interesse (ad esempio sulla revoca della patente e sui prelievi coattivi di materiale biologico) anche se, ovviamente, l'ipotesi dell'omicidio è quella destinata a fare più rumore e sulla quale ci soffermeremo in questa sede.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ciò detto, per le considerazioni di carattere generale sulla nuova figura delittuosa, che ritengo in parte ancora valide, rinvio integralmente a <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2015/04/omicidio-stradale-fare-presto-ma-fare.html" target="_blank">questo vecchio post</a>; ora che abbiamo di fronte il testo definitivo della legge che introduce il reato di omicidio stradale, però, possiamo affrontare qualche problema specifico delle nuove norme.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Anzitutto, si può definire l'omicidio stradale come un omicidio colposo causato in stato di ebbrezza (o sotto effetto di droghe), oppure in violazione di particolari norme della circolazione stradale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le pene, come prevedibile, sono molto severe e il legislatore ha previsto numerose ed articolate ipotesi sanzionatorie: si va dagli otto ai dodici anni di reclusione (per gli stati di alterazione più gravi), fino ad arrivare ai 18 anni in presenza di aggravanti (ad esempio per omicidio plurimo).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La critica principale mossa alle nuove norme riguarda proprio le pene eccessive, per almeno tre ragioni: la prima è che si tratta di un delitto sicuramente odioso e riprovevole, ma comunque non doloso, per cui le pene sarebbero eccessive già di per sé e non rispetterebbero il principio di proporzionalità tra il fatto e la sanzione. La seconda ragione è che le pene elevate possono spingere l'autore del reato alla fuga, specie se si trova in condizioni di scarsa lucidità. Infine, molti hanno sottolineato che la nuova legge sanziona in modo simile l'omicidio causato in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe (e quindi in una condizione di alterazione coscientemente auto-provocata) e quello causato per la violazione delle norme del codice della strada che molte volte il conducente vìola incolpevolmente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Visto <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2013/03/un-altro-blog-ma-basta.html" target="_blank">lo spirito di questo blog</a>, vorrei sottoporre ai lettori solo alcune considerazioni di buon senso proprio su quest'ultimo aspetto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La legge punisce con pene severissime anche chi causa la morte per aver sorpassato in presenza di striscia continua o in prossimità di un attraversamento pedonale o di un dosso. Se in astratto può sembrare giusto, facciamoci una domanda: le nostre strade consentono sempre a un automobilista normalmente attento di notare un attraversamento pedonale o un dosso? Sono sempre ben presegnalati? Sono sempre posti in punti ben visibili oppure spesso ce li ritroviamo nelle posizioni più improbabili? E le strisce al centro della carreggiata sono sempre ben visibili e coerenti oppure spesso ci troviamo in tratti in cui non si capisce quante strisce ci sono e come sono?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un discorso simile vale per i limiti di velocità, spesso richiamati nelle nuove norme e posti alla base delle sanzioni: in tutta onestà, si può dire che i tali limiti sono sempre ben segnalati? O forse sono spesso indicati in modo ambiguo e incoerente?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Alla luce di queste considerazioni, il rischio di gettare nello stesso calderone il delinquente e il cittadino sfortunato c'è tutto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ovviamente non vogliamo mettere in discussione la necessità di essere prudenti al volante, ma qui si corre il rischio di far scontare molti anni di galera a una persona perché magari non si è accorta del pedone che attraversava sulle strisce ormai quasi cancellate poste dopo una curva (quante ce ne sono in giro? Migliaia, credo).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando, nei prossimi anni, le nuove norme verranno sottoposte al vaglio dell'applicazione pratica, nel "diritto vivente" (come lo chiamano i giuristi), vedremo se, come dicono alcuni, la propaganda ha prevalso ancora una volta sulla capacità di fare una buona legge e se i tanti dubbi che provengono da più parti sono giustificati o meno.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-89332896995964460482016-01-16T15:04:00.001+01:002017-06-28T19:26:26.812+02:00Il "contratto a tutele crescenti" in breve<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il 2016, per i lavoratori, sarà probabilmente ricordato come l'anno del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, strumento che - nelle intenzioni del Governo Renzi - dovrebbe rilanciare l'occupazione e la stabilità dei rapporti di lavoro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Secondo l'attuale Governo, il ricorso alle assunzioni a tempo indeterminato dovrebbe essere incentivato da numerosi sgravi contributivi e dalla forte limitazione dell'utilizzo dei cosiddetti contratti atipici (collaborazioni a progetto, contratti a termine, etc.), oltre che dai vantaggi intrinseci del nuovo contratto a tempo indeterminato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Vediamo, dunque, in cosa consistono le "tutele crescenti" previste dal decreto legislativo 23/2015, che, in attuazione della legge 183/2014 (il "jobs act"), ha appunto disciplinato l'atteso nuovo contratto a tempo indeterminato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In realtà va subito detto che il legislatore non ha introdotto una nuova forma contrattuale, limitandosi a modificare le conseguenze che si verificano in caso di licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato assunto successivamente al 7 marzo 2015 (data dell'entrata in vigore del D. Lgs. 23/2015).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Com'è noto, nello Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970) il famoso articolo 18 tutelava fortemente il lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, attraverso la reintegrazione nel posto di lavoro e il diritto al risarcimento.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nei nuovi contratti a tempo indeterminato, invece, le ipotesi di riassunzione del lavoratore risultano decisamente ridotte, proseguendo così il disegno già intrapreso dalla "legge Fornero" del precedente Governo Monti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con le nuove norme, nella maggior parte dei casi resta soltanto il diritto ad un'indennità economica, che "cresce" in base all'anzianità del lavoratore (da qui il nome del "nuovo" contratto).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tra le ipotesi più importanti per le quali permane, oltre al diritto all'indennità economica, la reintegrazione, vanno segnalati i licenziamenti orali, quelli discriminatori, quelli definiti nulli dalla legge e i licenziamenti disciplinari per i quali venga accertata, in giudizio, l'inesistenza del fatto materiale addebitato al lavoratore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per quanto riguarda l'ammontare dell'indennità, le norme sono abbastanza complesse: in generale, l'indennità varia tra le 4 e le 24 mensilità (due per ogni anno di anzianità), ma è attenuata in alcune significative ipotesi, come ad esempio nelle piccole imprese, dove oscilla tra 1 e 6 mensilità (1 per ogni anno di anzianità), oppure nelle ipotesi di licenziamento viziato da irregolarità procedurali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sempre nelle piccole imprese, poi, è esclusa la riassunzione anche nell'ipotesi di licenziamento disciplinare per il quale venga accertata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come si può notare, dunque, le "tutele crescenti" consistono, fondamentalmente, nel proporzionare le garanzie di natura economica nei casi di licenziamento illegittimo: per i detrattori della riforma, ciò vuol dire, in sostanza, "monetizzare" il lavoro e liberalizzare i licenziamenti; per i sostenitori, al contrario, ciò stimolerà le imprese ad assumere con un contratto a tempo indeterminato (grazie anche agli sgravi contributivi), con tutte le garanzie che tale contratto offre, senza ricorrere ai contratti atipici e senza il timore dell'obbligo di riassunzione in caso di licenziamento illegittimo, fatto che, a detta di alcuni, rappresentava il principale freno alle nuove assunzioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per il momento, <a href="http://www.corriere.it/economia/15_novembre_10/inps-rapporto-precariato-oltre-900000-assunti-sgravi-2b548944-87ad-11e5-91a7-6795c226a8af.shtml" target="_blank">alcuni dati</a> sembrano confermare la crescita delle assunzioni a tempo indeterminato, ma ai più attenti non sfuggirà che, da un lato, c'è l'effetto-novità, amplificato, com'è facile immaginare, dagli sgravi contributivi; dall'altro, c'è ancora una indubbia incertezza che circonda il destino dei contratti atipici e l'intero mercato del lavoro, fatto che ha spinto molte imprese a ricorrere al più semplice e tipico dei contratti di lavoro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In conclusione, se davvero il 2016, come dicevamo in apertura, sarà ricordato come l'anno del contratto a tutele crescenti, lo vedremo soltanto sul medio-lungo periodo.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-29940130432491709822015-11-28T11:29:00.000+01:002015-11-28T11:29:03.557+01:00Le rotatorie: regole e consigli<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le rotatorie, chiamate anche rotonde o rondò alla francese, sono strutture molto utili per arginare gli incidenti stradali, perché evitano gli scontri frontali negli incroci (tutti i veicoli viaggiano nello stesso senso di marcia) e riducono i potenziali punti di collisione, concentrando altresì lo sguardo del conducente in uno spazio limitato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' anche per questo che le vecchie rotatorie "all'italiana", cioè quelle senza segnaletica ove vige il normale obbligo di dare la precedenza a destra, sono sempre più in disuso, a vantaggio di quelle "alla francese", ove la segnaletica - costituita dal segnale di dare precedenza e dai "triangolini" disegnati a terra, all'ingresso della rotatoria, non lascia dubbi: bisogna dare la precedenza a chi è già all'interno dell'anello.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia ho notato che molti conducenti ancora non hanno capito il funzionamento delle rotatorie alla francese, malgrado siano tutto sommato molto intuitive e richiedano il rispetto delle normali regole della circolazione stradale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ecco, dunque, una piccola guida all'utilizzo delle rotonde con diritto di precedenza.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per cominciare, secondo un parere del Ministero dei Trasporti, come regola generale bisognerebbe segnalare con la freccia a sinistra l'ingresso nella rotatoria e con la freccia a destra l'uscita.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando la rotatoria ha una sola corsia (ad esempio, <a href="http://www.autoscuolavalchiampo.it/files/imagecache/full/inline-images/entratarotatoria.jpg" target="_blank">questa</a>) è sufficiente dare la precedenza a chi già è dentro, segnalando la svolta a destra con la freccia quando si intende uscire (come si può vedere, nell'immagine l'auto che sta entrando ha azionato la freccia a sinistra per segnalare l'ingresso).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia può capitare che, benché la rotatoria abbia una sola corsia, la strada che si immette nell'anello ha più di una corsia: in questo caso si applica la regola generale secondo cui l'automobile nella corsia più a destra entra per prima, altrimenti l'automobile più a sinistra taglierebbe la strada all'altra.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando invece il numero delle corsie della strada da cui ci si immette è lo stesso delle corsie presenti nella rotatoria, sarebbe preferibile mantenere la propria corsia anche nell'anello, nel senso che l'automobile più a destra dovrebbe occupare l'anello più esterno, mentre l'automobile più a sinistra dovrebbe mantenere l'anello più interno etc.: ovviamente questa regola vale soprattutto per dare maggiore scorrevolezza in entrata, poiché per uscire dalla rotatoria è meglio osservare le seguenti regole generali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando si intende uscire alle prime uscite, è meglio tenersi sull'anello più esterno per poter quindi prendere l'uscita sulla destra; altrimenti, è possibile tenersi anche sugli anelli centrali, chiaramente segnalando la volontà di cambiare corsia e, poi, di uscire dalla rotatoria, con la freccia a destra.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A questo proposito, per evidenti ragioni di sicurezza bisogna ricordare che non bisogna mai tagliare la strada ai veicoli che percorrono la corsia più a destra: ciò vuol dire che se ci si trova su un anello più interno e si vuole uscire dalla rotatoria, ma c'è un'auto che percorre la corsia più a destra, è prudente fare un giro completo della rotonda, spostandosi di corsia con più calma, per poi uscire dove si desidera (ovviamente quando non sia possibile cambiare corsia tempestivamente).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'unica eccezione a questa regola può esservi quando il veicolo che si trova alla nostra destra ha già impegnato la nostra stessa uscita: in questo caso, una volta sicuri che non sopraggiungano altri veicoli alla nostra destra e che intendono continuare la circolazione nell'anello, sarà possibile procedere parallelamente all'altro veicolo ed immettersi nell'uscita desiderata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Da quanto abbiamo detto, è evidente che - soprattutto in caso di incertezza sull'uscita - spesso può essere consigliabile percorrere la corsia più esterna della rotatoria, poiché questa, anche se normalmente è meno scorrevole, dev'essere impegnata solo dai veicoli che stanno per svoltare e dalle altre corsie nessuno dovrebbe tagliarci la strada.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma, anche in questo caso, bisogna fare attenzione: molte volte i veicoli pesanti, ad esempio quelli con rimorchio, si allargano a sinistra (cioè verso il centro dell'anello) e poi svoltano a destra. In questa ipotesi, trovarsi sulla destra del veicolo può essere pericoloso ed è meglio stare dietro il mezzo pesante.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Allo stesso modo, poiché molti automobilisti tendono a "tagliare" la rotonda per impegnare l'uscita, bisogna fare attenzione ai veicoli che dalle corsie più interne tentano l'uscita repentina dall'anello.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Seguendo queste poche regole, non dovreste avere problemi: tuttavia, per una maggiore sicurezza, vi invito a cercare anche su internet dei video dimostrativi realizzati dalla Polizia Stradale o da alcuni Comandi di Polizia Locale.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-73294618148893958842015-07-30T12:01:00.002+02:002015-07-30T12:01:51.251+02:00Coppie di fatto: perché è giusto tutelarle<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il dibattito sulla necessità di disciplinare i rapporti giuridici ed economici nelle coppie di fatto torna ciclicamente nel nostro Paese, tra i pochi - nel mondo occidentale - a non dettare un'apposita normativa in materia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Vorrei quindi sottoporre alcune riflessioni di tipo tecnico-giuridico sul punto, senza entrare in ambiti più spinosi come i diritti delle coppie omosessuali o l'adozione da parte di coppie di fatto sia etero che omosessuali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Spesso il dibattito sui diritti delle coppie di fatto si apre e si chiude con questo argomento: ma se due persone non vogliono sposarsi, perché bisognerebbe garantire loro reciproci diritti e doveri? Non sono proprio queste persone a non volere diritti e doveri? "Se vuoi i diritti, sposati", leggo spesso in molte discussioni sulla Rete.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo punto di vista è giuridicamente sbagliato. </span><span style="font-family: inherit;">Il matrimonio civile italiano, per come è stato concepito dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, si muove in un'ottica fortemente paternalistica: lo Stato, per riequilibrare la condizione (all'epoca) socialmente inferiore della donna, decise di prevedere fondamentalmente una sola forma matrimoniale, fortemente protezionistica nei confronti della moglie.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il matrimonio del 1975, ancora in vigore, è infatti un "blocco unico" che impone ai coniugi di comportarsi in un certo modo (obbligo di coabitazione, di fedeltà etc.) e di regolamentare i rapporti patrimoniali o con la comunione dei beni o con la separazione dei beni, con l'unica eccezione (peraltro non molto pratica) della comunione "convenzionale", che permette di escludere o includere nella comunione alcune categorie di beni, o con l'istituto del "fondo patrimoniale" al quale si ricorre raramente perché, ancora una volta, è fonte di numerosi problemi applicativi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In sostanza, le formalità burocratiche e le norme di legge non sono al passo con i tempi e, infatti, gli studiosi di diritto propongono almeno una mini-riforma dei rapporti patrimoniali fra i coniugi (quelli personali sono spesso regolati anche da interpretazioni "adeguatrici" dei giudici: pensiamo all'obbligo di fedeltà).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per cui, il primo problema è che lo Stato vuole intervenire in ogni aspetto della vita matrimoniale. Si spiega così la impossibilità (o l'estrema difficoltà) per i futuri coniugi di stipulare dei patti prematrimoniali, che consentano una disciplina dei rapporti economici più adatta alle esigenze della coppia (possibilità che, invece, è largamente riconosciuta in molti Stati e che, fra l'altro, svolge un'ottima funzione di prevenzione del contenzioso).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Da un altro lato, il problema è che ci sono una serie di diritti, negati alle coppie di fatto, che possono essere riconosciuti solo se ci si ingessa in quel "blocco unico" di cui si parlava finora e che, invece, dovrebbero essere considerati come diritti civili, non matrimoniali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Non sempre la vita di coppia è una convivenza "more uxorio" (cioè simile al matrimonio): l'affetto e i sentimenti prescindono dal modo in cui si sceglie di stare insieme.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Pensate a questo esempio pratico, che tra l'altro è molto frequente nella realtà: una persona separata, magari per colpa di ripetuti tradimenti, si rifà una nuova vita con un'altra persona; ebbene di fronte allo Stato, finché c'è matrimonio, in sostanza il coniuge può mantenere una serie di diritti che al nuovo partner non possono essere riconosciuti in alcun modo, come la reversibilità della pensione in caso di morte, il diritto agli alimenti in caso di bisogno, il trattamento di fine rapporto, la riserva di una quota ereditaria, il diritto di abitazione, il diritto di assistere il partner in caso di malattia e così via.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Perché tutti questi diritti devono derivare per forza e soltanto dal matrimonio? Non sono forse diritti civili che potrebbero essere attribuiti mediante un atto di volontà privata?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Alla luce di tutto quanto detto sinora, è evidente che nessuno vuole distruggere il matrimonio civile, ma mantenerlo in vita così com'è non ha senso e sono sicuro che la "fuga" dalle nozze è causata più da questa rigidità della legge che dal venir meno del valore della famiglia. Affiancare al matrimonio "classico" (che, ripeto, è sacrosanto mantenere in vita) una regolamentazione più moderna dei rapporti di coppia è, dunque, un atto di civiltà.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per fortuna, <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2015/05/il-divorzio-breve-un-piccolo-grande.html" target="_blank">alcune riforme recenti</a> hanno reso meno gravosa almeno la fase dello scioglimento del matrimonio; speriamo, quindi, che in quest'ottica lo Stato cominci ad allentare la morsa che da decenni impone alla volontà privata.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-55480449165659702922015-06-27T13:14:00.000+02:002015-06-27T13:14:59.677+02:00Case-vacanza e viaggi: come evitare le truffe<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Se dicessi che esiste una categoria di danno chiamata "danno da
vacanza rovinata", forse a qualche lettore scapperebbe un sorriso al
pensiero che i nostri giudici debbano occuparsi delle disavventure dei
turisti, soprattutto di quei "turisti fai-da-te", come li definiva una
storica pubblicità di un tour operator.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Tuttavia, a pensarci
bene la vacanza è un'occasione di svago e di relax, magari
dopo un anno passato a lavorare duramente: chi ce la rovina, dunque, ci fa quasi un "doppio danno", perché ci fa perdere quest'occasione spesso irripetibile.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Ecco perché la
giurisprudenza ha cominciato a riconoscere il risarcimento non solo dei
pregiudizi economici subiti dal turista, ma anche quei turbamenti
psicologici causati dalla cattiva organizzazione dei pacchetti-vacanze,
dai servizi inferiori a quelli promessi e, più in generale, da tutti
quei fattori che impediscono al consumatore di godere della vacanza
programmata, in tutto o in parte.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Con questa piccola guida
vorrei dare alcuni suggerimenti per evitare queste esperienze negative, che spesso si trasformano in vere e proprie truffe: tenendo
a mente pochi consigli, invece, ci si può assicurare qualche carta
vincente da giocarsi, se necessario, quando si intende chiedere un
risarcimento o comunque agire in via giudiziale.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Cominciamo col dire che, quando ci si rivolge ad
un tour operator o ad un'agenzia di viaggi, è un diritto chiedere copia
del contratto stipulato (e magari anche del catalogo o della brochure
che individuano il pacchetto acquistato).</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Il contratto dovrà
indicare le condizioni per il recesso, le caratteristiche del pacchetto
(ad es.: quali servizi sono compresi e quali, invece, sono a carico del
consumatore) e tutta una serie di elementi che la legge individua nel
"Codice del turismo" (D. Lgs.79/2011).</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Si può quindi dire che,
rivolgendosi alle agenzie, la legge offre al consumatore una tutela
rafforzata da precise norme legislative.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Più
delicata può essere la situazione di chi si rivolge direttamente ad un
privato, come avviene spessissimo negli ultimi anni con le case-vacanza.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">In
questo caso, bisogna da subito capire chi si ha di fronte: chiedete, quindi, di essere informati sulle generalità dell'inserzionista e sulla
sua qualità (es.: proprietario, semplice gestore etc.), chiedete il
maggior numero di contatti (indirizzo di posta elettronica, numero di
telefono e di cellulare, fax, etc.) e, prima di prenotare, chiedete
anche una copia del documento d'identità.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Chiedete
all'inserzionista una descrizione accurata della casa, di ciò che è
compreso e di ciò che invece non lo è (ad es.: cambio lenzuola,
cassaforte, utenze varie etc.): anche se può suonare strano, state
involontariamente stabilendo le clausole e le condizioni di un
contratto. Pertanto, se ad esempio trovate un annuncio interessante ma supportato da poche immagini, chiedete di farvi inviare le fotografie dell'immobile; oppure, se vi viene dato un indirizzo, controllate se effettivamente risponde alle informazioni fornite (ad es.: vicinanza con il centro del paese, con il mare, presenza di supermercati nei dintorni, etc.)</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Cercate di non condurre e di
non concludere l'affare solo per telefono, ma affidatevi alle e-mail o al
fax anche per conoscere le informazioni sull'alloggio e, se qualcosa non
vi convince, chiedete sempre tutti i dettagli, stampando tutto il
possibile (nel caso, persino le fotografie, così potrete confrontarle
con il reale stato dei luoghi).</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;"></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Se siete convinti e volete
prenotare, vi verrà probabilmente richiesto un pagamento parziale: chiedete sempre a quale titolo viene corrisposta la somma di denaro <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2013/04/caparra-acconto-clausola-penale-un-po.html" target="_blank">(caparra, acconto, etc.)</a> e cercate di utilizzare sempre pagamenti tracciabili come un bonifico o una carta di credito, specificando quanto
più possibile la causale (ad es.: "Locazione casa-vacanze via Roma 32, 1-31 luglio
2015").</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Ricordatevi che la legge prevede anche la figura dei
contratti di locazione turistica, per cui fidatevi maggiormente di chi
vi offre subito un contratto scritto: senza complicarci la vita
sull'obbligo della forma scritta, sulla registrazione del contratto e
sulle tasse connesse, sappiate che la legge consente ai privati di
stipulare sempre per iscritto un contratto, anche quando ciò non è obbligatorio. Quindi, se non siete convinti di qualcosa, potete sempre
esigere la forma scritta.<br />A volte il contratto di locazione viene
firmato all'arrivo e, quindi, avete tutto il diritto di leggerlo con
attenzione (per verificare la corrispondenza con quanto pattuito in
precedenza), di averne copia e di ottenere ogni chiarimento dal
locatore. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Se vi viene chiesto il saldo al momento della
consegna delle chiavi, richiedete una ricevuta, soprattutto se il saldo
viene corrisposto in contanti. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit;">Infine, se malgrado tutti
questi consigli vi sentite comunque truffati o danneggiati, rivolgetevi
ad un legale per sapere se e come è possibile agire: la vacanza è un
momento quasi sacro e, quando qualcuno ve la rovina, avete tutto il
diritto di tutelarvi!</span></span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-87502735703260685942015-05-29T12:10:00.001+02:002015-05-29T12:10:36.250+02:00Il "divorzio breve": un piccolo grande passo <div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con la legge n. 55 del 2015 l'Italia ha compiuto un deciso - anche se non definitivo - passo in avanti in materia di diritto di famiglia, avvicinandosi alla gran parte dei Paesi europei almeno sul tema dello scioglimento del matrimonio.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il provvedimento in questione, ribattezzato dalla stampa come "divorzio breve", ha infatti notevolmente ridotto i tempi biblici necessari per chiedere il divorzio: com'è noto, la legge che ha introdotto tale istituto in Italia (L. 898/1970) imponeva che, per la presentazione della domanda di divorzio, fossero decorsi almeno tre anni dalla comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In sostanza la disciplina in vigore fino a pochi giorni fa richiedeva un periodo di lunga attesa prima di sciogliere definitivamente il matrimonio, al fine di consentire ai coniugi già separati di ponderare bene la scelta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, l'esperienza comune ha dimostrato che nella maggior parte dei casi questo lasso temporale risultava addirittura dannoso sotto vari punti di vista: la scure dei tre anni determinava, spesso, la difficoltà di accettare nuove relazioni dell'altro coniuge o di creare nuovi legami; la presenza di figli a volte veniva usata come "scudo" per richiedere modifiche alle condizioni economiche; l'estenuante precarietà del periodo di separazione spingeva i coniugi separati a peggiorare il rapporto anziché trovare soluzioni condivise e così via.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La legge sul divorzio breve potrebbe ridurre sensibilmente questi e altri problemi: vediamo come.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il provvedimento è formato da soli tre articoli: il primo - forse il più importante - stabilisce che il termine di tre anni è ridotto a 12 mesi per le separazioni giudiziali e a 6 mesi per le separazioni consensuali (o per le giudiziali successivamente mutate in consensuali).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I termini decorrono sempre dalla comparizione innanzi al presidente e si applicano anche ai procedimenti in corso all'entrata in vigore della legge, come previsto dall'articolo 3.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Va precisato, tuttavia, che altri recenti provvedimenti hanno introdotto la possibilità di raggiungere, in presenza di alcune condizioni, un accordo di separazione (c.d. "convenzione") con l'assistenza degli avvocati, o anche davanti all'ufficiale di stato civile: in queste ipotesi, chiaramente, il termine decorrerà dalla stipulazione della convenzione o dalla certificazione dell'accordo, e si tratterà com'è ovvio del termine di 6 mesi, essendovi il consenso di entrambi i coniugi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'articolo 2 della legge 55/2015, infine, anticipa lo scioglimento della comunione dei beni fra i coniugi che, nel regime ante-riforma, era differito al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione (nella separazione giudiziale) o del decreto di omologa delle condizioni (nella separazione consensuale).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per effetto del provvedimento, invece, lo scioglimento avverrà nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati (in caso di separazione giudiziale), oppure dalla data di sottoscrizione del verbale di separazione dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato (in caso di separazione consensuale).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come si può vedere, dunque, la legge 55/2015 modifica in modo rilevante la disciplina in materia di divorzio, ma mantiene inalterata una originaria pecca del nostro sistema di diritto di famiglia, poiché continua a vedere la separazione come un antecedente del divorzio e non un istituto con presupposti diversi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nella maggior parte degli ordinamenti moderni, infatti, la separazione e il divorzio hanno finalità differenti, fanno riferimento cioè a ipotesi distinte e, quindi, i coniugi possono avvalersi dell'uno o dell'altro istituto a seconda delle concrete esigenze familiari e personali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Al momento, invece, la possibilità di un divorzio diretto resta esclusa dalla legge appena approvata, facendo parte di un altro disegno di legge "stralciato" dal testo originario della L. 55/2015.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, al di là di tale aspetto, non si può trascurare l'importanza delle nuove disposizioni, da valutare positivamente anche in un quadro più ampio, che comprende le riforme alle quali abbiamo accennato e che, presto, potrebbe comprendere anche le tanto auspicate norme in materia di patti pre-matrimoniali.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-78887788372752476172015-05-21T17:02:00.001+02:002015-05-21T17:02:48.677+02:00Quando diffamare su Facebook può costare una multa<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Molti giornali hanno riportato, nei giorni scorsi, un'ordinanza del Tribunale Civile di Reggio Emilia in materia di "diffamazione a mezzo Facebook", se così possiamo chiamarla.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il caso è semplice: una donna, titolare di un'attività commerciale, ha agito in via d'urgenza (come previsto dall'art. 700 cod. proc. civ.) per chiedere l'immediata rimozione dei commenti offensivi pubblicati su Facebook e riguardanti proprio la sua attività.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il nostro codice di procedura civile, infatti, consente di chiedere al Giudice un provvedimento d'urgenza quando un diritto è "minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile" e non è possibile attendere l'esito di un giudizio ordinario. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ciò avviene, quindi, quando risulterebbe inutile e dannoso aspettare una "normale" pronuncia del giudice, ossia una sentenza che viene normalmente emanata dopo un processo articolato, con garanzie maggiori e numerose formalità.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel caso specifico, il Giudice ha dato ragione alla donna e ha ordinato l'immediata rimozione da Facebook dei commenti offensivi, applicando - in modo intelligente, a mio parere - anche un'altra norma del nostro codice di procedura che consente di "punire" l'inerzia di chi non ottempera a determinati ordini del giudice (la norma in esame è l'art. 614-bis cod. proc. civ.).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Proprio in applicazione di questa norma, il Giudice ha inflitto una sorta di "multa" di 100 euro per ogni giorno di ritardo dell'autore della diffamazione, in caso di mancata rimozione dei contenuti diffamatori.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo blog <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2014/11/la-privacy-ai-tempi-dei-social-network.html" target="_blank">ha già evidenziato</a> che i social network non sono una terra di nessuno dove la responsabilità giuridica delle proprie azioni è diversa da quella che si ha nella vita di tutti i giorni; purtroppo, l'utente medio della Rete non sembra comprendere la pericolosità delle proprie parole, facendo affidamento sull'enorme quantità di commenti, post, notizie e contenuti che circolano senza alcun controllo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ritengo quindi interessante la pronuncia del Giudice di Reggio Emilia, che ha applicato il diritto vigente in un modo che potrebbe rappresentare un precedente per la materia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Facciamo attenzione però: i giornali hanno preso il caso particolare analizzato dal Tribunale per fare il solito titolo del tipo "in arrivo multe per chi diffama sul web". Nulla di più sbagliato: non esiste alcuna disciplina specifica in materia, non ci sono norme "nuove" e l'ordinanza si è limitata a intervenire in un caso specifico.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, è interessante osservare l'evoluzione del mondo del diritto che, anche in mancanza di specifiche disposizioni legislative, riesce comunque a tappare qualche falla del sistema e ad assicurare un'adeguata tutela a chi subisce la lesione di un proprio diritto fondamentale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Di seguito il testo dell'ordinanza:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><a href="http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/12503.pdf">http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/12503.pdf</a></span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-56510458118533225252015-04-16T13:39:00.000+02:002015-04-16T13:45:39.182+02:00Omicidio stradale: fare presto, ma fare bene<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Essere contrari alla tanto attesa introduzione del reato di "omicidio stradale" è quasi impossibile: i casi di cronaca suggeriscono alla coscienza di ciascuno di noi che qualcosa, a livello legislativo, deve cambiare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, persino la più condivisibile proposta può presentare una serie di ostacoli: visto che l'approvazione di una legge in materia sembra prossima, la speranza è che tale legge non sia un mostro giuridico poco efficace e addirittura dannoso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In primo luogo, col dovuto rispetto per i familiari delle vittime, bisogna opporsi ad una posizione più radicale che vorrebbe ricondurre l'omicidio stradale nel campo dei reati dolosi, poiché - si dice - chi si mette al volante in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di droghe accetta il rischio di causare morti o feriti. Saremmo quindi in presenza di una forma di omicidio volontario.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Purtroppo il diritto e la giustizia non sono così semplici: è vero che il confine tra dolo e colpa può essere molto sottile, ma è anche vero che introdurre una "presunzione di dolo" sarebbe contrario ai principi del diritto penale e della nostra Costituzione.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma, anche da un punto di vista pratico, alcuni hanno osservato che la pesante accusa di omicidio volontario potrebbe spingere l'automobilista alla fuga, anche per la semplice paura di aver causato un incidente e senza sapere quali siano le condizioni delle persone coinvolte.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Fortunatamente, sembra che l'area entro la quale opererà il nuovo reato sarà quella dei delitti colposi, tenendo conto che nel nostro codice penale esiste già un'aggravante per l'omicidio colposo causato dalla violazione delle norme della circolazione stradale e dall'uso di alcol o droghe.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nessuna rivoluzione in vista, dunque: oltre al prevedibile e necessario aumento delle pene, l'intenzione del legislatore è più che altro quella di creare un delitto "ad hoc", con un nome proprio potremmo dire, fatto che spesso, di per sé, riesce a dissuadere il potenziale trasgressore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se queste sono le intenzioni, la proposta di legge non può che essere accolta positivamente; tuttavia, bisogna fare ugualmente alcune precisazioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Da un punto di vista punitivo, è probabile che l'innalzamento delle pene e la configurazione di un reato autonomo potranno avere una loro efficacia, ma il rischio principale è quello di avere una brutta replica di quanto è avvenuto con il reato di stalking: le molte falle del sistema penale e, soprattutto, la mancanza di una vera e propria prevenzione, potrebbero vanificare i buoni propositi. Se, come si dice, la mentalità maschilista è alla base dello stalking o del cosiddetto "femminicidio", è lecito domandarsi se non sia più urgente intervenire sulla "mentalità irresponsabile" di chi si mette alla guida sotto effetto di alcol o droghe.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Di conseguenza, è lecito domandarsi: cosa intende fare il legislatore per la diffusione dell'alcolismo tra i più giovani? E per la vendita selvaggia di alcol nei locali? E, ancora, per la brutta abitudine di fumare, parlare al cellulare, messaggiare, già quando si guida una microcar senza patente? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Altro punto oscuro, infine, è il sistema sanzionatorio non-penalistico: l'esperienza giuridica insegna che le sanzioni amministrative, spesso, funzionano meglio di quelle penali. In materia di sospensione, revoca o ritiro della patente, in materia di rieducazione stradale, in materia di aumento dei controlli sulle strade, qual è il piano del legislatore? Non è meglio bloccare una persona ubriaca, che quindi per definizione è poco lucida, prima che si mette al volante, anziché quando già l'ha fatto e probabilmente se ne frega della remota probabilità di causare un incidente?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando avremo le risposte a queste domande, con l'approvazione della legge, torneremo sul tema.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-80237031606855548912015-03-07T14:27:00.001+01:002015-03-07T14:27:31.578+01:00E' lecito registrare conversazioni altrui?<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La registrazione di una conversazione privata è un'attività che, un tempo, richiedeva complicati sistemi da agente segreto; oggi, al contrario, è sufficiente avere un telefonino o un lettore mp3 per procurarsi la "prova" di un illecito o comunque di un fatto rilevante per la nostra vita (ad esempio: un tradimento).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nell'era dei diritti connessi alla "privacy", si potrebbe pensare che captare conversazioni in modo occulto rappresenti sempre una violazione della riservatezza e, quindi, costituisca un atto illecito.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In realtà non è così e, anzi, la legge e la giurisprudenza sono abbastanza chiare sul punto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, è bene fare subito una distinzione tra le vere e proprie "intercettazioni", che sono uno strumento di indagine riservato alla Magistratura, e le "registrazioni". Le prime, infatti, possono essere disposte dall'Autorità Giudiziaria in presenza di specifici reati e vanno svolte con precise modalità di legge, perché impongono il sacrificio del diritto alla privacy: in questo caso la </span>captazione occulta di conversazioni svolte telefonicamente o tramite altri mezzi <span style="font-family: inherit;">è eseguita da un soggetto estraneo al dialogo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E il punto importante per capire se ed in quali limiti si può registrare una conversazione privata sta proprio nel carattere occulto della registrazione: al contrario dell'Autorità Giudiziaria, infatti, un privato cittadino non può registrare una conversazione altrui se non prende parte alla stessa (es.: lasciando un registratore acceso in una stanza). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In sostanza è lecito, secondo varie sentenze della Corte di Cassazione, registrare anche occultamente una conversazione alla quale si prende parte, perché in questo caso chi dialoga accetta il rischio di essere registrato a sua insaputa e, soprattutto, perché la registrazione rappresenta solo una forma di documentazione di un fatto storico che ha visto il registrante come protagonista diretto, non come terzo, e il registrato sapeva di dirigere le sue parole o i suoi gesti a quella persona.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Chiaramente questa regola vale sia per le conversazioni dirette (es.: una chiacchierata al bar registrata con un telefonino), sia per quelle telefoniche o con mezzi simili, e addirittura vale anche se la registrazione viene fatta presso la privata dimora del registrato, sempre a patto che chi registra sia membro della conversazione, altrimenti si rischia di commettere il reato di interferenze illecite nell'altrui vita privata. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Al contrario, non vige la stessa libertà per l'utilizzo delle registrazioni lecitamente acquisite, che possono essere usate e divulgate solo con il consenso del registrato oppure se ciò è necessario per tutelare un proprio o un altrui diritto (ad esempio, per provare un fatto in un processo).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Pertanto, per fare un esempio, non si possono pubblicare su un sito internet o su un social network le registrazioni, anche se acquisite in modo lecito, mentre possono essere introdotte in un processo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Da quanto detto sinora, discende un corollario importante: se il registrante diventa "estraneo" alla conversazione anche per un piccolo periodo, per quel periodo la registrazione non è utilizzabile. Esemplificando, se mi trovo in salotto con degli amici e registro una conversazione a loro insaputa con il telefonino, ma poi mi allontano per 10 minuti lasciando attiva la registrazione, ciò che è avvenuto in quei 10 minuti è stato acquisito illecitamente, poiché risultavo escluso dalla conversazione.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-2027887755818407882015-02-23T19:20:00.000+01:002015-02-23T19:20:48.765+01:00Quando le forze dell'ordine possono entrare in casa?<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">"Non potete entrare senza un mandato!": quante volte abbiamo sentito questa espressione nei film americani? E quante volte abbiamo pensato che si tratta di un luogo comune a stelle e a strisce, senza fermarci a pensare che, al contrario, nasconde una delle più grandi conquiste in tema di diritti fondamentali?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Gli Stati di diritto, infatti, si distinguono dagli Stati assoluti soprattutto per la prevalenza dei diritti individuali nei confronti del potere statale e, quindi, è giusto sapere se e a quali condizioni le forze dell'ordine possono entrare in casa di un privato cittadino.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tanto per restare in tema di diritti fondamentali, è la nostra Costituzione a definire "inviolabile" il domicilio (art. 14), considerandolo una sorta di estensione della libertà personale (art. 13). Ed infatti la Carta fondamentale prevede, in sostanza, le stesse tutele per la libertà individuale e per la libertà di domicilio, stabilendo che le ispezioni, le perquisizioni o i sequestri non possono essere eseguiti presso il domicilio se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Tali norme sono importantissime, perché limitano di molto i poteri delle forze dell'ordine: ecco il mito del "mandato", inteso come ordine del Giudice o del Pubblico Ministero (a seconda dei casi), necessario per legittimare una perquisizione, un'ispezione o un sequestro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma non solo: la Costituzione aggiunge che l'atto dell'Autorità Giudiziaria deve essere anche "motivato" (cioè deve spiegare cosa si intende fare e perché), al fine di evitare azioni arbitrarie, e deve essere emesso in base alla legge. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ecco perché, ad esempio, per una perquisizione il codice di procedura penale richiede che vi sia il fondato sospetto che in un luogo si trovino cose pertinenti ad un reato, oppure che una persona detenga il corpo del reato sulla sua persona, o ancora che in un determinato luogo si trovi una persona da arrestare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' importante sottolineare che, in questi casi, spesso la legge prescrive delle ulteriori garanzie (ad esempio, quella di farsi assistere da un avvocato o da un'altra persona di fiducia). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In linea di principio, dunque, è proprio come nei film: le forze dell'ordine possono entrare in casa nostra soltanto esibendo al cittadino il famoso mandato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, l'ordinamento italiano prevede anche dei casi in cui le perquisizioni possono essere eseguite senza l'ordine dell'Autorità Giudiziaria: in genere ciò avviene quando è necessario tutelare interessi che la Costituzione ritiene importanti almeno quanto la libertà personale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ad esempio, alcune forme di perquisizione sono consentite in caso di flagranza di reato: è chiaro che se una persona viene colta nell'atto di commettere un omicidio e poi scappa è necessario assicurare sin da subito alla giustizia l'arma del delitto, procedendo a perquisizione personale: in questo caso l'interesse da tutelare è quello della sicurezza pubblica e del buon funzionamento della giustizia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un'altra ipotesi importante è prevista dal Testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza (TULPS), che attribuisce agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria il potere di perquisizione "in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione" qualora essi "abbiano notizia, anche se per indizio, dell'esistenza... di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunziate o non consegnate o comunque abusivamente detenute" (art. 41 R.D. . 773 del 1931). Qui, com'è evidente, la legge tutela l'interesse della pubblica incolumità.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia la Corte di Cassazione, richiamando anche varie pronunce della Corte Costituzionale, ha precisato che non basta il semplice "sospetto" dell'esistenza di armi o esplosivi, altrimenti l'azione delle forze dell'ordine sconfinerebbe nell'arbitrio e renderebbe lettera morta il dettato costituzionale, finalizzato proprio a proteggere il singolo dai pubblici poteri (Cass. penale, sez. VI, sentenza 18.12.2009 n° 48552).</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com49tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-88917040672145663112015-02-02T14:00:00.002+01:002015-02-02T14:00:31.917+01:00Le multe: alcune cose da sapere<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una delle esperienze più seccanti nella vita di tutti i giorni è tornare verso la nostra automobile e trovare sotto il tergicristallo una temutissima multa. Nella maggior parte dei casi, purtroppo, chi ci ha lasciato il biglietto d'auguri sa il fatto suo (del resto è pagato per questo); tuttavia, di seguito riporterò una breve ed informale guida per conoscere almeno gli aspetti fondamentali previsti dalla legge e tutelarsi, ove possibile, dalle sanzioni, ricordando che su <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2014/12/patente-punti-le-piccole-infrazioni-che.html" target="_blank">quest'altro post</a> ci sono alcuni consigli per evitare la perdita di preziosi punti della patente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per cominciare, bisogna sapere subito che l'atto che troviamo sotto il tergicristallo non è il vero e proprio verbale emesso dall'organo, ma è una sorta di avviso di cortesia che ci fa conoscere l'intenzione dell'agente accertatore di procedere all'emissione del verbale di contestazione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La "multa"* sotto il tergicristallo, quindi, non è autonomamente impugnabile: serve più che altro a consentire all'automobilista di pagare in misura ridotta evitando le spese per la notifica del verbale o, se il pagamento è effettuato entro cinque giorni, di pagare il 30% in meno dell'importo previsto dal codice.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Di regola, infatti, il verbale dev'essere contestato immediatamente al trasgressore, a meno che non ricorra una delle ipotesi previste dal codice della strada (es.: assenza del trasgressore, veicolo lanciato ad eccessiva velocità, passaggio col semaforo rosso etc.).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando non è possibile la contestazione immediata, l'accertatore lascia l'avviso di cortesia (chiaramente se il veicolo è fermo, ad esempio in divieto di sosta e in assenza del conducente), oppure procede alla redazione del verbale e alla notifica che normalmente avviene a mezzo posta, indicando in entrambi i casi il motivo della mancata contestazione immediata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' quindi inutile, come fanno in molti, gettare via o ignorare la multa trovata sotto il tergicristallo, visto che non è quello l'atto con il quale si contesta l'infrazione e, anzi, se si è nel torto è più utile pagare subito in misura ridotta. Le possibilità che l'agente accertatore non proceda a redigere il verbale sono, infatti, molto poche.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' anche inutile non ritirare la multa che il postino vuole consegnarci, o ignorare l'avviso che ci viene lasciato in cassetta per indicare che c'è un atto da ritirare presso l'ufficio postale: se il destinatario viene messo nella condizione di ricevere l'atto, ma non lo ritira volontariamente o nei termini di legge, la notifica si intende comunque perfezionata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se il verbale viene contestato subito, il conducente può fare ricorso nei termini di legge (sessanta giorni per il ricorso al Prefetto, trenta per il ricorso al Giudice di Pace). Il pagamento della sanzione, però, preclude la possibilità di fare ricorso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un'alternativa ai ricorsi è presentare un'istanza in autotutela all'Ente che ha emesso il verbale, che ha il potere di correggere o annullare un atto illegittimo: tuttavia, è consigliabile percorrere questa strada solo in presenza di irregolarità o errori evidenti commessi dagli accertatori (es.: per un errore di trascrizione della targa, viene sanzionato un veicolo che in realtà era imbarcato per un viaggio).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se non c'è contestazione immediata, il termine per presentare ricorso decorre dal momento in cui l'atto viene notificato al destinatario: è importante sapere che l'organo procedente ha novanta giorni di tempo dal giorno dell'infrazione per notificare il verbale, altrimenti lo stesso può essere invalidato dal Prefetto o da Giudice. Ma attenzione: se l'ufficio procedente deve compiere delle ricerche per risalire al proprietario del mezzo o al trasgressore, il termine di novanta giorni decorre dal momento in cui lo stesso ufficio sia stato posto nelle condizioni di conoscere l'identità di tali soggetti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il verbale, di regola, deve essere infatti notificato sia al trasgressore che al cosiddetto "obbligato in solido", cioè al proprietario del veicolo o comunque al titolare di altri diritti sul veicolo stesso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando non viene identificato il trasgressore, gli organi accertatori notificano il verbale all'obbligato in solido e, se l'infrazione comporta la perdita di punti sulla patente, sarà necessario indicare i dati dell'effettivo trasgressore entro sessanta giorni dalla notifica del verbale, pena l'emissione di un altro verbale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come si può notare, le procedure previste dalla legge sono estremamente dettagliate e, sopra, sono stati omessi per brevità aspetti di fondamentale importanza. Il consiglio, quindi, è quello di rivolgersi in tempi brevi ad un legale quando si ritiene di essere dalla parte della ragione.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">* = per la precisione, il termine informale "multa" è errato perché la multa è una sanzione pecuniaria prevista per i reati più gravi. Nel linguaggio di tutti i giorni, questo termine viene utilizzato per indicare il preavviso lasciato sotto il tergicristallo o il vero e proprio verbale di accertamento della violazione al codice della strada.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-20790780318506177572015-01-06T15:27:00.002+01:002015-01-06T15:27:34.882+01:00Bufale legislative: 25 mila euro se ti sposi nel 2015<div style="text-align: justify;">
Augurando a tutti i lettori del blog un buon 2015, colgo l'occasione per un post che, come <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2014/12/depenalizzazioni-e-bufale-quando-la.html" target="_blank">quello di fine anno sulla "depenalizzazione di 112 reati"</a>, si occupa di una bufala legislativa. Una "bufalegislativa", diciamo.<br />Si tratta di una notizia che gira dall'aprile del 2014, in realtà, ma che continua a circolare per motivi facilmente intuibili poiché promette 25 mila euro, stanziati dalla Comunità Europea, per chi si sposa entro il 2015. Non è difficile immaginare che proprio quest'anno ci sarà un nuovo boom della bufala.<br />La falsa notizia, ripresa da numerosi siti di (ehm) informazione, indica anche un preciso riferimento legislativo nell'art. 5 del D.L. 201/2014 ("salva-famiglia"). Tuttavia, è una bufala per vari motivi.<br />Il primo è che non esiste alcun decreto-legge "salva-famiglia" né, tantomeno, un D.L. 201/2014. L'ultimo decreto-legge del 2014 è infatti il numero 192, datato 31 dicembre, ed è quindi impossibile che il n. 201 fosse stato emanato ad aprile 2014.</div>
<div style="text-align: justify;">
Curiosamente, però, esiste il famigerato "salva-Italia" del Governo Monti, cioè il D.L. 201/2011, che all'art. 5 prevede la "Introduzione dell'ISEE per la concessione di agevolazioni fiscali e benefici assistenziali, con destinazione dei relativi risparmi a favore delle famiglia". Ovviamente il decreto non prevede alcuno stanziamento di una quota fissa per chi si sposa nel 2015, ma almeno è servito agli autori della bufala per dare una parvenza di ufficialità al tutto.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il secondo motivo di falsità sta nel fatto che la notizia cita uno stanziamento della "Comunità Europea", che non esiste più da qualche anno (esiste l'Unione Europea, com'è noto); tuttavia, questo potrebbe essere un mero refuso e non è sufficiente a "sbugiardare" la notizia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il terzo motivo sta nelle cifre: la notizia menziona dei dati Istat che parlano di 7.217.000 di matrimoni celebrati in Europa nel 2013. E' facile immaginare che, se i dati citati fossero veri, per "finanziare" anche solo 5 milioni di matrimoni nel 2015 l'U.E. spenderebbe una cifra impossibile (125 miliardi di euro!).</div>
<div style="text-align: justify;">
Il quarto motivo sta nelle modalità indicate dalla notizia per accedere al finanziamento, ovvero presentare una richiesta allo Sportello Unico Europeo (SUE) costituito presso ogni Prefettura...sportello che, com'è facile verificare presso qualsiasi Prefettura, non esiste. Esiste, al massimo, uno "Sportello Unico per l'Edilizia" che, oltre ad essere normalmente costituito presso i Comuni e non presso le Prefetture, si occupa chiaramente di altro.</div>
<div style="text-align: justify;">
L'ultimo motivo di falsità della notizia sta nel semplice fatto che essa è stata pubblicata da un <a href="http://corrieredelmattino.altervista.org/europa-25-000-e-di-incentivo-per-le-coppie-che-si-sposeranno-nel-2015/" target="_blank">sito satirico</a> in data 1° aprile 2014...un pesce d'aprile doppio, insomma.</div>
<div style="text-align: justify;">
Sarebbe bastato cominciare dalla ricerca della fonte per sbugiardare la notizia; tuttavia, ho preferito seguire un altro percorso per far vedere ai lettori quanto è facile smascherare una "bufalegislativa", utilizzando pochi accorgimenti: la logica, la coerenza interna della notizia, la precisione dei riferimenti legislativi etc.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma siccome l'argomento delle bufale legislative mi sembra interessante, presto pubblicherò una mini-guida per chi vuole saperne di più e non si accontenta di condividere tutto ciò che gira sulla Rete, poiché - com'è nello spirito di questo blog - tutti hanno il diritto di conoscere il diritto, soprattutto quando qualcuno tenta di utilizzarlo per confondere le idee ai cittadini! </div>
<br />
<div id="stcpDiv" style="left: -1988px; position: absolute; top: -1999px;">
7.217.000,#sthash.G6M3soSK.M1bU7WSu.dpuf</div>
<div id="stcpDiv" style="left: -1988px; position: absolute; top: -1999px;">
5
mila € per tutte le coppie che decideranno di convolare a nozze entro
la fine dell’anno 2015” - See more at:
http://www.bufalandia.it/?p=499#sthash.G6M3soSK.M1bU7WSu.dpuf</div>
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Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-76955315323747089092014-12-24T15:29:00.002+01:002014-12-24T15:46:48.311+01:00Depenalizzazioni e bufale: quando la Rete si scatena<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questi giorni stanno circolando con insistenza vari link, articoli e
post sui Social Network che parlano di una presunta "depenalizzazione"
di ben 112 reati, tra i quali (per fare qualche esempio che colpisce
l'opinione pubblica) omicidio colposo, stalking, maltrattamento di
animali, furto, corruzione etc.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo dico subito: è una bufala. Molti
siti internet già hanno spiegato, con l'intervento di avvocati, giuristi
e tecnici molto più bravi di me, per quale motivo la notizia è falsa o
comunque quasi totalmente inesatta: basta fare una ricerca su Google
scrivendo "depenalizzazione 2014", "bufala depenalizzazione" etc.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Cercherò, quindi, di <span style="font-family: inherit;">spiegare </span>anche su questo blog <span style="font-family: inherit;">come stanno realmente<span style="font-family: inherit;"> le cose</span></span>.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Innanzitutto,
un chiarimento: per "depenalizzazione" si intende la scelta di non considerare più
reato un determinato comportamento, colpito solo in sede civile
(risarcimento) o amministrativa (sanzione pecuniaria come quelle per chi
vìola il Codice della Strada). Onestamente, vi pare possibile che
l'omicidio colposo non possa essere più reato? Già questo basterebbe a
considerare dubbia la notizia. E infatti questo ci porta al punto
successivo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La <a href="http://www.altalex.com/index.php?idnot=67092" target="_blank">Legge 67/2014</a>, "fonte" della bufala, è una legge<span style="font-family: inherit;">-</span>delega. Significa che il Parlamento incarica il Governo di legiferare
su una questione, indicando i princìpi e criteri direttivi cui
ispirarsi (art. 76 Cost.). Il Governo sta lavorando in questi giorni
all'emanazione del decreto legislativo "ispirato" a quella legge, che
prefigura una mini-riforma del diritto penale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per quanto riguarda
l'argomento della bufala, facciamo chiarezza e dividiamo i reati interessati dalla legge-delega in due categorie.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Categoria A:</b> Comprende alcuni reati minori, per i quali l'art. 2, comma 2, della Legge 67, prevede davvero una depenalizzazione. Tuttavia, quest'ultima riguarda
fondamentalmente i reati puniti con "la sola pena della multa o
dell'ammenda", peraltro nemmeno tutti poiché la legge ne esclude diversi. Si tratta chiaramente di ipotesi per le quali non è
previsto già ora il carcere, ma solo una sanzione in denaro: cosa cambia
se invece di pagare a titolo di multa si paga a titolo di sanzione
amministrativa? <span style="font-family: inherit;">Per chi li commette e per chi li subisce<span style="font-family: inherit;">, <span style="font-family: inherit;">nu<span style="font-family: inherit;">lla; tuttavia, chi <span style="font-family: inherit;">è v<span style="font-family: inherit;">ittima di reati più gravi avrà processi più efficienti, poiché i Tribunali non saranno intasati dai</span></span></span></span></span></span> cosiddetti "reati
bagatellari".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tra i
reati realmente depenalizzati citiamo, come esempio, l'ingiuria e gli atti osceni, roba
che da secoli i giuristi chiedono di <span style="font-family: inherit;">sanzionare sul piano amministrativo o civile</span>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Categoria B:</b> Questi reati NON
c'entrano nulla con la depenalizzazione, ma è su questi che è nata e si è diffusa la bufala.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-family: inherit;">L'art. 1, comma 1, lettera m) della Legge 67, chiama il Governo <span style="font-family: inherit;">a introdurre e disciplinare</span></span> una nuova causa di non punibilità per i reati puniti "con la
sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a
cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non
abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio
dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa
normativa processuale penale".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Molti siti hanno preso la lista dei reati che rientrano in questa categoria (stalking, omicidio colposo, furto, maltrattamento di animali etc.) e hanno scritto che sono stati depenalizzati, cioè che non sono più reato, che non è più punibile lo stalking, che rubare ora si può, <span style="font-family: inherit;">che non si andrà più in carcere <span style="font-family: inherit;">pe<span style="font-family: inherit;">r certi reati (confondendo a<span style="font-family: inherit;"> volte le pene con la custodia cautelare)</span></span></span></span> e così via. "112 reati depenalizzati" è la bufala più ricorrente di questi giorni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
Ora, esaminiamo tali allarmismi dal punto di vista<span style="font-family: inherit;"> della "coerenza interna". Come abbiamo visto sopra, la "vera" depenalizzazione riguarda alcuni reati puniti solo con multa o ammenda, quindi con pene pecuniarie. Allora perché <span style="font-family: inherit;">la categoria B fa ri<span style="font-family: inherit;">ferim<span style="font-family: inherit;">ento anch<span style="font-family: inherit;">'essa</span><span style="font-family: inherit;"> ai</span></span></span></span> reati puniti "con la sola pena pecuniaria<span style="font-family: inherit;">"? </span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-family: inherit;">Se <span style="font-family: inherit;">davvero <span style="font-family: inherit;">il Parlame<span style="font-family: inherit;">nto <span style="font-family: inherit;">avesse v<span style="font-family: inherit;">oluto </span></span>depenalizzare <span style="font-family: inherit;">stalking, omicidio colposo etc.<span style="font-family: inherit;">, non avrebbe dovuto inserirli tutt<span style="font-family: inherit;">i nella categoria A che trasforma quei reati in "illeciti amministrativi"? </span></span></span></span></span></span></span></span> </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La verità è che la categoria B è interessata da un'ipotesi diversa: quando il fatto è tenue e la condotta non è abituale, il Pubblico Ministero può chiedere l'archiviazione, cioè chiedere che non si faccia il processo, allo stesso modo in cui adesso può formulare richiesta d'archiviazione quando la notizia di reato è infondata. Infatti </span><span style="font-family: inherit;"><a href="http://www.ipsoa.it/%7E/media/Quotidiano/2014/12/03/Particolare-tenuit%C3%A0-del-fatto-e-non-punibilit%C3%A0--impatti-sui-reati-societari--fallimentari--tributari/reati_20141203%20pdf.ashx" target="_blank">lo schema di decreto legislativo</a>
prevede una modifca al codice di
procedura penale stabilendo quanto segue: "Se l’archiviazione è
richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve
darne avviso alla persona sottoposta
alle indagini e alla persona offesa, che abbia dichiarato di volere
essere informata ai sensi dell’articolo 408, comma 2, precisando che,
nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e
presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le
ragioni del dissenso rispetto alla richiesta". <span style="font-family: inherit;">In sostanza, è la <span style="font-family: inherit;">stessa disciplina dell'archiviazione per infondatezza<span style="font-family: inherit;"> della notitia criminis.</span></span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quello che i bufalari non dicono, però, è che la
clausola di non punibilità NON è automatica e quindi non si applica per
forza a tutti i reati della "categoria B". </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ad
esempio, gli Uffici del Ministero della Giustizia <a href="http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_16_1.wp?previsiousPage=homepage&contentId=NEW1108458" target="_blank">hanno già chiarito</a> che la non punibilità sarà inapplicabile al maltrattamento di
animali per ragioni tecnico-giuridiche.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sempre per ragioni simili,
l'ipotesi di particolare tenuità non è compatibile con lo stalking, che
per definizione è "reato abituale" (cioè commesso con "condotte
reiterate" come dice lo stesso art. 612-bis c.p. che lo disciplina).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Altro aspetto che i bufalari non riportano (per malafede o impreparazione) è che l'ipotesi della tenuità del fatto non
è un'invenzione di questo Governo: esiste già nel rito penale innanzi al Giudice di Pace e, col nome di "irrilevanza del fatto", nel diritto penale minorile. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">In sinte<span style="font-family: inherit;">si, il Parlamento ha deciso di <span style="font-family: inherit;">trasformare in illeciti amministrativi alcuni reati minori (categoria A). Gli altri restano reati, ma - ove possibile e o<span style="font-family: inherit;">ve compatibile con la struttura del reato stesso - potranno essere "abbonati" <span style="font-family: inherit;">in alcuni casi (tipico è l'esempio del pensionato che ruba una mela al supermark<span style="font-family: inherit;">et).</span></span></span></span></span> </span></div>
<div style="text-align: justify;">
Come si può immaginare, buttare tutto nel calderone delle depenalizzazioni, del "non è più reato", del "rubare si può", del "non si va più in carcere", è pericolosissimo, perché spinge le vittime di reato ad avere ancora meno fiducia nella giustizia, a non denunciare, a subire. Insomma: spinge chi non è libero a rinunciare alla propria libertà. Questo è il vero delitto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-35230347322844749882014-12-15T18:55:00.003+01:002014-12-15T18:55:50.477+01:00Patente a punti: le "piccole" infrazioni che costano tanto<div style="text-align: justify;">
Spesso il Codice della Strada punisce in modo molto rigoroso alcuni comportamenti che in apparenza sembrano "innocenti", ma che a uno sguardo più attento vengono puniti non tanto per l'atto in sé, quanto per la sua capacità di mettere a rischio la sicurezza stradale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' lo stesso principio che spinge gli Enti locali a prevedere limiti di velocità bassi per quelle strade che all'apparenza sembrano dritte e prive di pericoli: normalmente questo apparente paradosso si spiega col fatto che magari su quella strada ci sono accessi privati, strisce pedonali, incroci etc., e quindi l'alta velocità potrebbe contribuire ad aumentare i pericoli.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In sostanza, ciò che conta per il Codice della Strada è salvaguardare la sicurezza di chi circola, ed è per questo che il Legislatore tende a punire anche in modo severo quelle "piccole" infrazioni che, anche se non ce ne accorgiamo, in realtà sono la vera causa dell'alto tasso di mortalità sulle strade.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Basti pensare che, <a href="http://www.istat.it/it/files/2013/11/incidenti_stradali_anno-2012_def.pdf" target="_blank">secondo i dati dell'Istat riferiti al 2012</a>, quasi la metà degli incidenti è causata dal mancato rispetto delle regole di precedenza, dalla guida distratta e dalla velocità troppo elevata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con questa piccola guida, indicherò di seguito quelle "innocenti evasioni" che possono risultare estremamente pericolose, elencandole in ordine decrescente in base ai punti-patente decurtati, per far capire al lettore che questi comportamenti, oltre ad essere pericolosi per gli altri, sono anche controproducenti per chi li compie.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 10 punti:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tra queste infrazioni rientra in primo luogo la brutta abitudine di fare retromarcia in autostrada (ad esempio per aver saltato l'uscita). Inutile dire che se un'auto va a 20 km/h in retromarcia, l'urto con un veicolo che giunge a 130 km/h è praticamente fatale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo stesso vale per la circolazione contromano su strade divise in carreggiate (es.: autostrade, extraurbane principali) o in curva, nonché per la circolazione sulle corsie d'emergenza al di fuori dei casi previsti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Attenzione anche ad alcune ipotesi di allontanamento dal luogo di un incidente, quando lo stesso si è verificato per proprio comportamento: nei casi più gravi, oltre al rischio di un procedimento penale c'è anche la decurtazione di 10 punti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 8 punti:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Non dare la precedenza ad un pedone può costare la decurtazione di ben 8 punti, oltre ad una multa da oltre 150 euro: classico esempio di sanzione con finalità più preventive che punitive, vista la scarsa attenzione riservata dagli automobilisti ai pedoni. La perdita di 8 punti è prevista anche per chi fa inversione di marcia in punti "sensibili" (es.: curve, incroci, dossi).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 6 punti:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' la sanzione inflitta a chi non si ferma al segnale di Stop o passa col rosso, ma anche a chi prosegue la marcia quando il vigile (o un altro agente del traffico) intima l'arresto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 5 punti:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Chi non dà la precedenza, non rispetta le regole per il sorpasso o utilizza il cellulare senza auricolare perde ben 5 punti; tuttavia, anche circolare senza casco, senza cinture o senza lenti/occhiali ove prescritti può costare caro, con la decurtazione di 5 punti. Ricordiamoci che non usare la cintura non fa male solo a noi stessi: in primis, è sempre meglio fare da esempio per gli altri (se vostro figlio perdesse la vita per non aver usato la cintura, vivreste col rimorso di non averlo mai invogliato a indossarla?). In secondo luogo, non è giusto per gli altri aggravare le conseguenze di un incidente e scaricarle sulla collettività.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 4 punti:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questa categoria rientra la circolazione contromano nelle ipotesi meno gravi, ma anche la mancata circolazione sulla corsia più libera a destra in autostrada o nelle strade a due o più corsie; comportamento, quest'ultimo, purtroppo molto frequente visto che molti tendono a camminare al centro, intralciando spesso pericolosamente la marcia. A proposito, ricordiamo che la corsia di destra NON è una corsia per i veicoli lenti: è la corsia che andrebbe occupata normalmente, mentre bisogna spostarsi su quella centrale solo se la prima è occupata e così via.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 3 punti:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Utilizzare in modo improprio gli abbaglianti può costare la perdita di ben 3 punti, non solo per l'evidente rischio di accecare chi viene in senso opposto, ma anche perché segnalare la presenza di pattuglie fa sentire solo più "protetti" gli automobilisti indisciplinati.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 2 punti:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il mancato rispetto della segnaletica (tranne i casi più gravi visti sopra, come lo Stop) e il mancato utilizzo delle frecce possono costare ben 2 punti. Oltre ad essere l'ABC della circolazione, questi due accorgimenti possono davvero salvare delle vite perché svoltare senza indicare la direzione può indurre gli altri a manovre fatali: pensate a un pedone che, credendo che un'auto prosegua dritta, attraversa e viene investito dal veicolo che svolta senza freccia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sottrazione di 1 punto:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'uso improprio delle altre luci può costare la perdita di un punto: le "quattro frecce" per esempio non servono per parcheggiare in doppia fila. Perché rischiare? Tanto per il vigile non cambia nulla: l'auto in doppia fila non è di certo "giustificata" se ha le quattro frecce! La decurtazione di un punto è prevista anche per trasporto irregolare di persone, oggetti o animali: attenti a sovraccaricare l'auto in modo tale da ostacolare le normali manovre.</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-6501019707612263792014-11-04T15:25:00.000+01:002014-11-04T15:25:04.015+01:00La privacy ai tempi dei social network: i consigli del Garante<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il Garante per la protezione dei dati personali, meglio noto come Garante per la privacy, ha pubblicato nel 2009 un utile <i>vademecum</i> per una migliore tutela delle persone che utilizzano i <i>social network</i> o, meglio, per la autotutela, poiché si tratta di consigli destinati alla protezione di alcuni diritti individuali (nome, immagine, onore etc.) nella cosiddetta "era digitale".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Recentemente <a href="http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3140082" target="_blank">questo vademecum è stato aggiornato</a> anche alla luce delle evoluzioni che la Rete sta vivendo negli ultimi anni e, quindi, mi sembra interessante riproporre alcuni suggerimenti su questo blog, che <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2013/04/facebook-e-la-privacy-qualche.html" target="_blank">in alcune occasioni</a> si è occupato dei <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2013/09/foto-dellex-coniuge-su-facebook-sono.html" target="_blank">diritti sulla Rete</a>.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">1. Esiste una vera "vita digitale"?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Secondo il Garante, una vita digitale nettamente separata da quella reale non esiste, nel senso che tutto ciò che viene pubblicato online può inficiare anche la vita di tutti i giorni: attenzione, quindi, a quei contenuti che potrebbero - pure a distanza di tempo - rivelarsi dannosi per la nostra vita professionale, sentimentale etc. Allo stesso modo, pubblicare foto che ritraggono altre persone non è una cosa da poco: nel dubbio, è meglio chiedere il consenso alle persone coinvolte, soprattutto se non sono iscritte ai social network e non possono controllare in alcun modo i "tag".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">2. Sulla Rete nulla si distrugge</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un corollario di quanto detto al punto 1 è che l'inserimento di dati personali sui social network significa, spesso, una perdita di controllo di quei dati: le foto, le chat, le opinioni possono viaggiare in Rete in eterno e, qualche volta, può essere inutile addirittura la cancellazione di questi contenuti. Ad esempio, è possibile scattare, da qualsiasi computer, una "fotografia" ad una pagina internet e rendere visibile a tutti un contenuto poi cancellato o destinato solo a pochi; oppure è possibile che quei contenuti siano riutilizzati da altri siti internet per scopi più o meno leciti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">3. Il mito dell'anonimato</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le regole della civile convivenza, che puniscono chi diffama, insulta o calunnia gli altri, valgono anche sulla Rete. Non esistono "zone franche", spiega il Garante; in più, in caso di commissione di reati, le Autorità possono risalire alla persona che li ha commessi pensando di agire anonimamente (ad esempio con un falso profilo Facebook o con un nickname). Nemmeno i "gruppi segreti" su FB oppure i forum per pochi utenti sfuggono a questa regola: se nella vita reale gli amici ci "tradiscono", rivelando i nostri segreti ad altri, perché non dovrebbe succedere la stessa cosa su internet?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">4. Da carnefice a vittima</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I social network vengono utilizzati spesso come contenitori delle peggiori frustrazioni personali: i gruppi, le pagine e i profili personali contengono messaggi "contro qualcuno", nella maggiore parte dei casi senza alcuna verifica delle fonti (cioè della veridicità di ciò che si pubblica). Bisogna fare molta attenzione a questi giochi perversi perché potrebbero ritorcersi contro chi ne fa parte. Pubblicare continuamente contenuti falsi (contro persone comuni o contro personalità pubbliche) non solo espone al rischio di illeciti penali, ma fa fare anche la figura del credulone che abbocca a qualsiasi contenuto che gira sulla Rete.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">5. Attenzione alle "app", anche quelle che sembrano più innocue</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sui social network (ma anche sugli smartphone) si trovano le applicazioni più disparate. Ma fate attenzione: avete mai pensato che, pubblicando una foto che vi ritrae in un posto oppure registrandovi in una località, potreste dare un indizio a qualche malintenzionato che volesse rubarvi dentro casa? Del resto, se anche i latitanti spesso hanno i profili su Facebook, perché non dovrebbero girare su FB pure i ladri? C'è un'app, ad esempio, che indica il percorso seguito da una persona che fa jogging, ma indica anche il momento in cui si comincia a correre: è il momento giusto per un malintenzionato, che sa di poter agire indisturbato per un'oretta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per concludere, riporto di nuovo il link alla Guida pubblicata dal Garante della Privacy: <a href="http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3140082">http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3140082</a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In più, vi segnalo un ottimo manuale di autodifesa per agire senza troppi grattacapi su Facebook e Twitter, realizzato dal giornalista informatico e blogger Paolo Attivissimo (il cui blog vi consiglio caldamente, è anche linkato sul mio blog, qui a lato):</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><a href="http://attivissimo.blogspot.ch/2014/06/facebook-e-twitter-manuale-di.html">http://attivissimo.blogspot.ch/2014/06/facebook-e-twitter-manuale-di.html</a></span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-53295467560875844702014-10-21T17:16:00.000+02:002014-10-21T17:16:33.312+02:00Fumi, gas e odori nauseabondi dal ristorante vicino: che fare?<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La presenza di ristoranti, pizzerie, bar ed esercizi commerciali simili può rivelarsi un bel problema per chi vi abita vicino, specie quando il buon senso cede alle ragioni economiche. In un apposito articolo ci occuperemo più diffusamente dei rimedi contro la musica alta, gli schiamazzi e le altre forme di "inquinamento acustico"; adesso parleremo di cosa fare quando da un esercizio commerciale provengono odori fastidiosi, fumi o altre esalazioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Negli ultimi anni la materia è tornata prepotentemente alla ribalta anche per il proliferare di ristoranti etnici, che spesso utilizzano ingredienti poco graditi a noi italiani; in più alle poche norme contenute nel nostro codice civile si è andata ad affiancare una fitta normativa (spesso eccessivamente cavillosa e confusa) di natura amministrativa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Partendo da quest'ultimo aspetto, si può dire infatti che le leggi in materia urbanistica e amministrativa regolamentano ormai ogni aspetto della vita degli esercizi commerciali: si pensi alle norme igienico-sanitarie, a quelle sulla corretta ubicazione delle canne fumarie e degli scarichi, sulla tipologia di locale e degli impianti da adottare etc.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Pertanto, gli scarichi maleodoranti, i fumi o le altre esalazioni potrebbero essere anche causati dalla violazione delle normative sopra citate: un primo rimedio esperibile prima di rivolgersi all'Autorità Giudiziaria potrebbe essere, quindi, una segnalazione alle autorità locali (Polizia Municipale).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sul piano civilistico, come anticipato, il codice civile contiene poche norme (comprensibilmente, visto che fu emanato in un'epoca in cui l'economia era basata solo in piccola parte sull'industria): l'articolo 844 stabilisce che "le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino" possono essere impedite soltanto se "superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questo caso, ci si potrà quindi rivolgere all'Autorità Giudiziaria per far cessare le cosiddette "immissioni intollerabili", ma con una precisazione: "l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In sostanza, dunque, il concetto di "normale tollerabilità" è relativo: chiaramente i fumi emanati in una zona altamente industrializzata sono "più tollerabili" rispetto a quelli emanati in zone di campagna. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per cui, da questa serie di norme, si possono individuare tre ipotesi principali: se nel caso concreto non viene superata la soglia della normale tollerabilità, avuto conto dello stato dei luoghi, il danneggiato non avrà - chiaramente - diritto ad alcuna tutela. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se le immissioni superano la normale tollerabilità, ma sono giustificabili perché prevalgono le "esigenze della produzione", il danneggiato potrà esigere almeno un indennizzo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Infine, se prevalgono le ragioni del danneggiato e le immissioni sono ingiustificate, la tutela sarà duplice perché il proprietario avrà diritto all'eliminazione della causa delle immissioni (es.: rimozione di una canna fumaria mal costruita e sostituzione della stessa), ma anche al risarcimento del danno.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Va ricordato, per completezza, che l'art. 844 cod. civ. attribuisce al giudice la facoltà di "tener conto della priorità di un determinato uso", e cioè del fatto che in molti casi la destinazione d'uso di un locale o di una zona è già nota a chi va a viverci. In poche parole, se io mi trasferisco in una zona industriale, dove le esalazioni di fumi o gas sono all'ordine del giorno, certamente la responsabilità di chi mi danneggia sarà considerata con minor rigore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-37832243128533661922014-09-30T19:33:00.000+02:002014-09-30T19:41:19.008+02:00Giustizia civile: il Governo sbaglia mira<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il decreto-legge n. 132/2014, varato pochi giorni fa dal Governo, è stato presentato come un provvedimento decisivo per velocizzare i tempi dei giudizi civili. La parola principale utilizzata dai tecnici dell'Esecutivo è stata "degiurisdizionalizzazione"; termine quasi impronunciabile, che significa - in breve - che il Governo vuole far risolvere le cause pendenti davanti ai giudici civili in altre sedi, per accelerare i tempi dei processi.<br />L'arretrato della giustizia civile è abnorme e se ne parla poco, forse perché il pubblico è colpito più dai processi penali e si accorge solo di quanto è lungo il caso di Garlasco. Eppure il settore civile è quello che ci interessa nella vita di tutti i giorni: la famiglia, il condominio, gli incidenti stradali, le cartelle esattoriali e le imprese che vogliono recuperare i soldi dei debitori sono tutti lì, in quegli oltre cinque milioni di processi civili pendenti all'inizio di quest'anno.<br />Ma il provvedimento del Governo, che sicuramente non è "la" riforma del processo civile, riuscirà almeno a mettere una pezza alla situazione tragica dei tribunali italiani?<br />Sul punto, provo nel mio piccolo ad avanzare qualche dubbio in merito alle ricette di Renzi e della sua squadra, analizzando le più rilevanti senza alcuna pretesa di completezza.<br /><br />1. Arbitrato<br />Le parti, anche nel corso di un giudizio pendente, potranno chiedere di spostare la causa dal Tribunale ad un Collegio arbitrale (cioè formato da arbitri privati che operano con le stesse garanzie di terzietà dei giudici). La norma in sé è interessante, ma il decreto richiede che le parti facciano una istanza congiunta al giudice. Per quale motivo due litiganti, che non si sono messi d'accordo prima del giudizio (ad esempio con la mediazione, già prevista dal nostro ordinamento), dovrebbero trovare un accordo per farsi decidere la controversia in una sede peraltro molto costosa? Il debitore che vuole sfuggire al creditore che interesse avrebbe ad accelerare i tempi della giustizia?<br /><br />2. Conciliazione assistita<br />Gli avvocati che assistono le parti durante una conciliazione stragiudiziale potranno "certificare" gli accordi, anche in materia di separazione e divorzio, e tali accordi costituiranno titolo esecutivo (cioè potranno essere usati anche per pignorare i beni del debitore). Le perplessità sono le stesse di cui sopra: la parte che è "nel torto" non trova più conveniente attendere il giudizio vero e proprio che, magari, dura anni? Che interesse ha il debitore a prestare il consenso ad un titolo esecutivo per farsi pignorare i propri beni?<br /><br />3. "Chi perde paga...sempre"<br />Il provvedimento vuole cancellare dal codice di procedura una norma che consente al giudice di compensare le spese, cioè derogare alla regola del "chi perde paga", quando ricorrono "gravi ed eccezionali ragioni". Togliendo questa norma, la parte che vuole agire o resistere in giudizio pur sapendo di avere torto sarebbe scoraggiata, poiché dovrebbe rimborsare all'altra le spese del giudizio (anche quelle per pagare l'avvocato) sempre, a meno che non vi sia soccombenza reciproca (cioè che le parti abbiano entrambe un po' torto e un po' ragione) o una questione particolarmente nuova per il diritto. Mi sembra un'idea ragionevole, che peraltro gli addetti ai lavori richiedono da tempo, anche se nella pratica processuale mi sembra che molti debitori inadempienti resistano in giudizio pur sapendo di essere palesemente nel torto. Comunque, sempre meglio una norma chiara che una ambigua.<br /><br />4. Passaggio al rito sommario<br />Nell'attuale codice quasi tutte le cause civili possono essere introdotte, a scelta di chi inizia la causa, con un rito ordinario oppure con un rito sommario. Quest'ultimo, in sostanza, richiede minori formalità e quindi viaggia con più speditezza. Tuttavia, mentre il giudice può scegliere di passare dal rito sommario a quello ordinario se ritiene che la causa non può essere decisa con un'istruttoria semplificata, non è possibile l'inverso: il decreto vuole consentire quest'ultima possibilità. Il problema è che nella prassi si dispone spesso il mutamento del rito, quindi i dubbi sul funzionamento di questa norma sono legittimi: se ora i giudici ritengono spesso inadatto il rito sommario e ordinano il passaggio a quello ordinario, perché da ora in poi dovrebbero agire in senso inverso? In più, <a href="http://mattidalegale.blogspot.it/2013/12/il-governo-alle-prese-con-il-processo.html" target="_blank">come scrivevo quando già il Governo Letta avanzava questa proposta</a>, si rischia di trattare con due procedimenti diversi (ordinario e sommario) due cause simili solo perché un giudice ha discrezionalmente ritenuto "semplice" una causa che l'altro ha ritenuto complessa, cosa che non garantisce l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e l'uguale tutela del diritto al contraddittorio. Non sarebbe più semplice ed efficace rendere obbligatorio il rito sommario per alcune materie, come già avviene in molti casi?</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-49845050995292196172014-07-10T16:32:00.000+02:002014-07-10T16:40:00.585+02:00Comunione o separazione dei beni: qual è la scelta migliore?<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Diciamolo subito: rispondere alla domanda che fa da titolo a questo post è impossibile. Però, dato che se la pongono in molti, è bene sgombrare il campo da un equivoco comune, poiché molte coppie di coniugi scelgono l'uno o l'altro regime o per ragioni "assistenziali" (scelgo la comunione per "aiutare" il coniuge debole) o, al contrario, individualistiche (scelgo la separazione perché voglio essere indipendente e poi nella vita "non si sa mai").</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ora è vero che la riforma del diritto di famiglia del 1975 ha voluto riequilibrare le diverse condizioni sociali ed economiche tra uomo e donna, prevedendo la comunione dei beni come regime "naturale" in mancanza di una diversa scelta dei coniugi. Ma è anche vero che nel frattempo la società è profondamente cambiata e, quindi, marito e moglie dovrebbero sfruttare la flessibilità offerta dalla legge per ponderare al meglio la scelta in base alla propria situazione economica, posto che - a differenza di quanto accadeva 40 anni fa - al giorno d'oggi quasi sempre entrambi hanno un lavoro.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">In linea di principio, si può dire che se anche uno solo dei coniugi è un professionista, un imprenditore o un lavoratore autonomo, la separazione dei beni è più consigliabile perché rende "inattaccabile" il patrimonio dell'altro coniuge in caso di vicende sfavorevoli (fallimento, debiti etc.).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Al contrario, se entrambi i coniugi sono dipendenti, forse la comunione dei beni è più appropriata (specie se la posizione economica dei coniugi è più o meno la stessa).</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Va però detto che le norme del codice civile sulla comunione danno spesso luogo a difficoltà interpretative, e forse questa è la causa che spinge le coppie ad optare sempre più per la separazione dei beni.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Di contro, va a favore della comunione il fatto di bilanciare - come detto - eventuali differenze economiche (anche sopravvenute) tra i coniugi. Facciamo l'esempio di una coppia, in regime di comunione dei beni, che ad un certo punto decide di fare un figlio. Entrambi i coniugi lavorano e hanno lo stesso reddito, ma decidono che la donna si dedicherà completamente alla famiglia dopo la nascita. Con la comunione, i diversi contributi alla vita familiare (economico-lavorativo per il marito, casalingo-familiare per la moglie) non daranno luogo a sperequazioni, poiché gli acquisti futuri cadranno automaticamente nella comunione anche se, dal punto di vista strettamente economico, sarà più che altro il marito a sostenerne il costo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A favore della separazione dei beni va invece una maggiore elasticità: i coniugi, ad esempio, possono comprare ugualmente una casa insieme, anche "in quote" (es.: 2/3 il marito e 1/3 la moglie), e disporre di tali quote liberamente; nella comunione dei beni, invece, non esiste la stessa possibilità poiché tale forma di comunione viene definita "senza quote". </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In caso di contrasto sulla gestione di alcuni beni (es.: immobili), quindi, il coniuge dovrebbe rivolgersi al giudice per ottenere, eventualmente, la vendita, altrimenti l'atto compiuto è annullabile.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Non vi è invece alcuna differenza tra i due regimi per quanto riguarda le questioni ereditarie, contrariamente a quanto si pensa: il coniuge superstite è erede dell'altro sempre, per legge. Tutt'al più, possono cambiare le quote: se il coniuge è proprietario di un immobile che cade in comunione, chiaramente in caso di morte l'altro coniuge resterà titolare del 50% del bene (poiché la comunione si scioglie), e solo l'altra metà del bene ricadrà nella successione; se invece il defunto era esclusivo titolare del bene, acquistato dopo il matrimonio in regime di separazione, il 100% del bene cadrà nella successione.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Un esempio veloce: Tizio, sposato con Caia e padre del solo Tizietto, muore, lasciando una casa acquistata dopo il matrimonio. </span></div>
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<span style="font-family: inherit;">In caso di comunione, solo il 50% della casa sarà diviso tra Caia e Tizietto, che avranno ciascuno la metà di quella quota, cioè il 25% del totale (pertanto Caia, sommando tale quota al 50% che già aveva, avrà il 75% del bene). </span></div>
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<span style="font-family: inherit;">In caso di separazione, invece, Caia e Tizietto avranno ciascuno il 50% del bene.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Per concludere, quindi, la soluzione migliore è forse quella di chiedere il consiglio ad un esperto prima di scegliere, ricordando che in ogni caso il regime patrimoniale può essere modificato in momenti successivi (seppur con le formalità richieste dalla legge).</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-79355296301116302772014-06-19T13:36:00.002+02:002014-06-19T13:37:02.542+02:00Quando la "sosta selvaggia" diventa un reato<div style="text-align: justify;">
L'abitudine di lasciare l'automobile dove capita può costare non solo una spiacevole multa ma, a volte, può essere anche un atteggiamento che assume rilevanza penale. Nelle grandi città è spesso quasi impossibile trovare un posto e capita di dover ricorrere al "parcheggio creativo": attenzione, però, agli abusi e ai comportamenti sbagliati nei confronti degli automobilisti che in quel momento stanno dalla parte della ragione.</div>
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Non molti, infatti, sanno che in varie occasioni la Cassazione ha ravvisato il reato di violenza privata nella condotta dell'automobilista che "blocca" gli altri utenti della strada lasciando l'auto in sosta selvaggia. </div>
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Questo reato consiste nel costringere qualcuno a a fare, tollerare od omettere qualche cosa con violenza o minaccia, e la Suprema Corte ormai da tempo riconosce che la violenza non è solo quella fisica ma può assumere qualsiasi forma, purché sia idonea a privare la vittima della sua libertà di autodeterminazione.</div>
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Così, la Corte ha condannato più volte gli automobilisti che parcheggiano davanti ad un passo carrabile, finendo per impedire totalmente al proprietario di un garage di accedere o uscire col proprio mezzo.</div>
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Di recente, la sentenza n. 25785/2014 ha affrontato il caso di un soggetto che aveva bloccato intenzionalmente il passaggio ad un altro automobilista (col quale in passato aveva avuto, sembra, "liti di vicinato"), impedendo l'ingresso alla proprietà.</div>
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La sentenza, però, oltre a ribadire che tale caso costituisce un'ipotesi di violenza privata, è interessante anche per due ragioni.</div>
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La prima è che il rifiuto di spostare l'auto può manifestarsi in forme del tutto peculiari: nel caso in questione, l'automobilista "bloccato" aveva suonato il clacson più volte e il proprietario dell'auto in sosta selvaggia si era affacciato senza fare nulla. E' chiaro che, in questo caso, la volontà di fare un torto è ben evidente: state quindi attenti ai comportamenti strafottenti o che indicano palesemente la presenza del cosiddetto "dolo", cioè la coscienza e la volontà di nuocere.</div>
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La seconda ragione è che la Cassazione ritiene integrato il reato anche se l'auto che blocca il passaggio può essere spostata da chiunque perché ha le chiavi inserite nel cruscotto. Nel caso in questione, infatti, l'automobilista "maleducato" si è difeso proprio affermando tale circostanza, tanto che poi è stato suo figlio a togliere la vettura dalla sosta. Secondo la Corte, però, è sempre un onere del proprietario "rimuovere la situazione antigiuridica consapevolmente creata in precedenza".</div>
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Attenzione a dove lasciate l'auto, quindi!</div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-86041358834072695692014-05-23T16:46:00.000+02:002014-05-23T16:46:22.437+02:00Residenza, domicilio e dimora: differenze ed esempi pratici<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A volte una breve chiacchierata durante un'interminabile fila può essere utile per avere un'idea e scrivere un nuovo post. Stamattina, infatti, mi è capitato di scambiare qualche parola con una signora che, per chiedere un certificato, faceva una certa confusione tra residenza, dimora e domicilio: tre termini che per la legge hanno significati diversi anche se, nel gergo colloquiale, spesso vengono utilizzati indifferentemente. Cerchiamo di capirci di più, facendo esempi tratti dalla vita di tutti i giorni.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">L'articolo 43 del codice civile specifica che il domicilio di una persona è il luogo in cui essa "ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi"; la residenza, invece, "è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale". Per cui, anche se non esiste una definizione apposita, la dimora è il luogo in cui si vive e può essere anche transitoria: pensiamo ad una persona costretta a trasferirsi temporaneamente in albergo.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">In sostanza la differenza sta nel diverso utilizzo della residenza e del domicilio: mentre la prima è il luogo in cui normalmente si abita, il domicilio è più specifico e riguarda più che altro la vita professionale. Pertanto, un medico potrebbe avere la sua "dimora abituale" a Roma, vivendo lì con la sua famiglia, ma avere il proprio studio a Latina e quindi avere lì il suo domicilio.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Altra differenza importante è che in alcuni casi, cioè per specifici affari, si può "eleggere domicilio speciale": ciò accade ad esempio quando si inizia un processo e si elegge domicilio presso lo studio del proprio legale per ricevere lì tutte le comunicazioni. Per cui il medico dell'esempio di cui sopra potrebbe avere non solo il domicilio generale del suo studio, ma anche quello eletto presso il suo avvocato di Viterbo, solo ai fini del processo ovviamente.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Poiché, invece, la residenza è un dato piuttosto "stabile", è chiaro che non si può "eleggere" la residenza ma "fissarla", come si dice nel linguaggio giuridico. </span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Quindi, se si cambia dimora (cioè luogo in cui si abita), bisognerà distinguere tra caso e caso: se lo spostamento è duraturo (poiché ad esempio ci si trasferisce in un'altra città, oppure si lascia la famiglia d'origine dopo il matrimonio), sarà meglio chiedere il cambio di residenza. Ciò perché molte volte la legge dà per scontato che una persona ha ricevuto un atto (es.: una raccomandata o un atto giudiziario) avendo una stabile dimora in un luogo; oppure perché molti effetti di legge (es.: assegnazione del medico di famiglia, della circoscrizione elettorale etc.) dipendono proprio dalla residenza.</span></div>
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<span style="font-family: inherit;">Riepilogando: il nostro medico avrà la residenza a Roma, il domicilio generale a Latina, il domicilio eletto a Viterbo...e magari la dimora a Capri se affitta una casa per un mese e se ne va in vacanza lì, beato lui!</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-33260134181641653232014-04-28T13:26:00.004+02:002014-04-28T13:26:58.619+02:00Ti tamponano e non hai la cintura? Attenzione al concorso di colpa!<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con un'interessante sentenza del 20 febbraio scorso (n. 7777/2014), la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso che si verifica di frequente in occasione di un incidente stradale e che può essere riassunto in questa domanda: se la colpa dell'incidente è mia, ma l'altro automobilista non indossava la cintura di sicurezza, la mia responsabilità è meno grave?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Secondo la Corte, in questa ipotesi si applica l'articolo 1227 del codice civile: tale norma afferma, in poche parole, che nel caso in cui un comportamento colposo del danneggiato abbia contribuito a causare il danno il risarcimento è "diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per cui, dato che indossare la cintura di sicurezza è un preciso obbligo che la legge impone per la tutela dell'incolumità fisica, i danni fisici causati possono essere ricondotti anche sotto la responsabilità dell'automobilista che non indossa la cintura.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, per essere precisi occorre ricordare (come fa la stessa Corte in sentenza) che l'articolo 1227 distingue due ipotesi: la prima è quella che abbiamo appena citato, cioè il caso in cui il comportamento del danneggiato è una concausa del danno; la seconda, invece, è quella in cui il comportamento del danneggiato ha soltanto aggravato l'evento, ma senza avere alcuna incidenza dal punto di vista causale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La differenza sta principalmente nella ripartizione della responsabilità fra danneggiante e danneggiato (com'è facile intuire), ma anche nell'onere probatorio: infatti soltanto "nella prima ipotesi, contrariamente che nella seconda, il giudice deve proporsi d'ufficio l'indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato" (Cass. n. 2641/2013; Cass. n. 529/2011). Nell'altro caso, invece, il danneggiante dovrà offrire la prova rigorosa che il danno è stato aggravato dal comportamento del danneggiato, al quale non saranno dovuti i danni che avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Comunque sia, in entrambi casi ricordatevi che la cintura di sicurezza può salvarvi non solo la vita, ma anche il portafogli!</span></div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8167603237139080184.post-28909190721723821672014-04-02T13:11:00.000+02:002014-04-02T13:11:10.531+02:00Multe sulle strisce blu: la toppa è peggio del buco?<div style="text-align: justify;">
Negli ultimi giorni molti automobilisti hanno esultato leggendo la risposta che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha dato ad un'interrogazione parlamentare: l'automobilista che paga ed espone correttamente il ticket per un tot di tempo ma prolunga la sosta oltre quel tempo non è soggetto a sanzione amministrativa (quella che normalmente chiamiamo "multa", anche se in modo errato).</div>
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Il chiarimento del Ministero è interessante da un punto di vista giuridico perché rimanda al principio della certezza del diritto: secondo il parere ministeriale, infatti, il Codice della Strada non sanzionerebbe direttamente l'ipotesi della sosta oltre l'orario pagato ma, per il combinato disposto dei commi 6 e 8 dell'articolo 157, punirebbe solo il caso della mancata esposizione del ticket (con la sanzione di 41 euro).</div>
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Per cui, secondo il Ministero, il caso in esame configurerebbe solo un "inadempimento contrattuale": in sostanza l'automobilista che acquista il ticket per le strisce blu stipula un contratto con l'Ente (es.: Comune) e, se non rispetta il limite temporale per il quale ha pagato, deve integrare il dovuto. A questo punto dovrebbe essere l'Ente, con apposito regolamento, a disciplinare le procedure di recupero delle somme non corrisposte, senza però poter prima multare l'automobilista. </div>
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Tutto chiaro? Insomma. Perché - come ripetono i Comuni - è lo stesso Codice della Strada a prevedere che la Giunta comunale possa stabilire <i>"aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le aree urbane</i>". </div>
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Ma a questo punto il rischio dell'incertezza è pressoché inevitabile: se ogni comune adotterà un regolamento differente, affidando a enti diversi il compito di recuperare i crediti, prevedendo sanzioni diverse e meccanismi di gestione delle aree di sosta differenti, l'automobilista dovrà diventare una sorta di tuttologo dei comuni! </div>
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Un tipico esempio della proverbiale toppa che rischia di essere peggiore del buco, anche se il Ministero ha ribadito che presto il Codice della Strada indicherà i confini entro i quali i Comuni potranno redigere i regolamenti. </div>
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Non ci resta che sperare nella ben nota saggezza del legislatore italiano...</div>
Carlo Nallihttp://www.blogger.com/profile/04024151869675269850noreply@blogger.com0