martedì 9 luglio 2013

Libertà di stampa e diritti della persona: un equilibrio difficile



Il rapporto tra il diritto di cronaca e alcuni diritti della persona come la reputazione, l’onore, il decoro e la privacy rappresenta sicuramente uno dei punti più critici nelle democrazie moderne. Nessuna legislazione riesce a disciplinare in modo perfetto i limiti tra la libertà di stampa e il rispetto della persona, soprattutto perché i diritti di cronaca e critica da un lato e i diritti della personalità dall’altro sono tutti di rilevanza costituzionale.

E’ chiaro che qualsiasi notizia può influire negativamente sulla reputazione di un soggetto: riportare fatti di cronaca giudiziaria o anche di cronaca rosa può infatti costare l’isolamento sociale, la fine di rapporti amicali o familiari e molto altro. Il problema è dunque stabilire quando può prevalere la libertà di stampa e quando, invece, l’esercizio di tale libertà è ingiustificato e diventa lesivo dei diritti della persona.

La normativa italiana sul tema si muove tra poche regole e tanta elaborazione giurisprudenziale: non esiste una norma precisa che si occupa dell’esercizio del diritto di cronaca e critica, ma esiste (tanto nel codice civile quanto nel codice penale) una causa di giustificazione chiamata, appunto, “esercizio di un diritto”, e che esclude le conseguenze delle proprie azioni se ricorrono determinate condizioni. In altre parole, il diritto di cronaca e critica è correttamente esercitato (e non costituisce quindi una violazione del diritto alla reputazione, all’onore etc.) se ricorrono queste tre condizioni elaborate nel corso di decenni dalla Corte di Cassazione:

1. L’interesse pubblico alla notizia: il sacrificio dei diritti della personalità sopra citati è consentito in primo luogo se c’è una utilità sociale alla conoscenza della notizia, dato che il fine principale della stampa è portare a conoscenza del pubblico fatti che abbiano un interesse rilevante per collettività più o meno vaste. E’ quindi chiaro che il diritto all’integrità morale di un uomo qualunque è tutelato in maniera più rigorosa rispetto a quanto accade per un personaggio politico o comunque pubblico, essendo le azioni e le opinioni di quest’ultimo maggiormente rilevanti per la collettività;

2. La verità o almeno la veridicità della notizia: chiaramente dev’esserci una corrispondenza tra quanto accaduto e quanto narrato dalla stampa, almeno nel nucleo essenziale, senza alterazioni od omissioni che mutino il significato della notizia stessa;

3. La correttezza formale della notizia: questa caratteristica, detta anche “continenza”, consiste nella serena e obiettiva esposizione dei fatti. E’ necessario, quindi, l’utilizzo di espressioni e giudizi improntati alla lealtà, tenendo conto dello scopo informativo da conseguire: i Tribunali spesso bollano come eccessivi accostamenti suggestivi, insinuazioni, termini sproporzionati rispetto alla notizia e così via.


Come si può intuire questi tre criteri indicano una strada da seguire, ma la loro applicazione concreta varia da caso a caso; prendiamo ad esempio il criterio della continenza: quand’è che le considerazioni su un personaggio pubblico eccedono il diritto di critica e diventano soltanto un modo per offendere la sua integrità morale? E’ evidente che gli sforzi interpretativi dei giudici nei casi concreti non possono portare a regole valide per tutte le situazioni, così come è evidente che l’attuale classe politica difficilmente potrà cambiare in positivo la normativa vigente: come potremmo attenderci una discussione serena sul tema se i politici stessi sono i protagonisti in negativo di ciò che la stampa ogni giorno ci racconta?