lunedì 23 febbraio 2015

Quando le forze dell'ordine possono entrare in casa?

"Non potete entrare senza un mandato!": quante volte abbiamo sentito questa espressione nei film americani? E quante volte abbiamo pensato che si tratta di un luogo comune a stelle e a strisce, senza fermarci a pensare che, al contrario, nasconde una delle più grandi conquiste in tema di diritti fondamentali?
Gli Stati di diritto, infatti, si distinguono dagli Stati assoluti soprattutto per la prevalenza dei diritti individuali nei confronti del potere statale e, quindi, è giusto sapere se e a quali condizioni le forze dell'ordine possono entrare in casa di un privato cittadino.
Tanto per restare in tema di diritti fondamentali, è la nostra Costituzione a definire "inviolabile" il domicilio (art. 14), considerandolo una sorta di estensione della libertà personale (art. 13). Ed infatti la Carta fondamentale prevede, in sostanza, le stesse tutele per la libertà individuale e per la libertà di domicilio, stabilendo che le ispezioni, le perquisizioni o i sequestri non possono essere eseguiti presso il domicilio se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Tali norme sono importantissime, perché limitano di molto i poteri delle forze dell'ordine: ecco il mito del "mandato", inteso come ordine del Giudice o del Pubblico Ministero (a seconda dei casi), necessario per legittimare una perquisizione, un'ispezione o un sequestro.
Ma non solo: la Costituzione aggiunge che l'atto dell'Autorità Giudiziaria deve essere anche "motivato" (cioè deve spiegare cosa si intende fare e perché), al fine di evitare azioni arbitrarie, e deve essere emesso in base alla legge. 
Ecco perché, ad esempio, per una perquisizione il codice di procedura penale richiede che vi sia il fondato sospetto che in un luogo si trovino cose pertinenti ad un reato, oppure che una persona detenga il corpo del reato sulla sua persona, o ancora che in un determinato luogo si trovi una persona da arrestare.
E' importante sottolineare che, in questi casi, spesso la legge prescrive delle ulteriori garanzie (ad esempio, quella di farsi assistere da un avvocato o da un'altra persona di fiducia). 
In linea di principio, dunque, è proprio come nei film: le forze dell'ordine possono entrare in casa nostra soltanto esibendo al cittadino il famoso mandato.
Tuttavia, l'ordinamento italiano prevede anche dei casi in cui le perquisizioni possono essere eseguite senza l'ordine dell'Autorità Giudiziaria: in genere ciò avviene quando è necessario tutelare interessi che la Costituzione ritiene importanti almeno quanto la libertà personale.
Ad esempio, alcune forme di perquisizione sono consentite in caso di flagranza di reato: è chiaro che se una persona viene colta nell'atto di commettere un omicidio e poi scappa è necessario assicurare sin da subito alla giustizia l'arma del delitto, procedendo a perquisizione personale: in questo caso l'interesse da tutelare è quello della sicurezza pubblica e del buon funzionamento della giustizia.
Un'altra ipotesi importante è prevista dal Testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza (TULPS), che attribuisce agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria il potere di perquisizione "in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione" qualora essi "abbiano notizia, anche se per indizio, dell'esistenza... di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunziate o non consegnate o comunque abusivamente detenute" (art. 41 R.D. . 773 del 1931). Qui, com'è evidente, la legge tutela l'interesse della pubblica incolumità.
Tuttavia la Corte di Cassazione, richiamando anche varie pronunce della Corte Costituzionale, ha precisato che non basta il semplice "sospetto" dell'esistenza di armi o esplosivi, altrimenti l'azione delle forze dell'ordine sconfinerebbe nell'arbitrio e renderebbe lettera morta il dettato costituzionale, finalizzato proprio a proteggere il singolo dai pubblici poteri (Cass. penale, sez. VI, sentenza 18.12.2009 n° 48552).

lunedì 2 febbraio 2015

Le multe: alcune cose da sapere

Una delle esperienze più seccanti nella vita di tutti i giorni è tornare verso la nostra automobile e trovare sotto il tergicristallo una temutissima multa. Nella maggior parte dei casi, purtroppo, chi ci ha lasciato il biglietto d'auguri sa il fatto suo (del resto è pagato per questo); tuttavia, di seguito riporterò una breve ed informale guida per conoscere almeno gli aspetti fondamentali previsti dalla legge e tutelarsi, ove possibile, dalle sanzioni, ricordando che su quest'altro post ci sono alcuni consigli per evitare la perdita di preziosi punti della patente.
Per cominciare, bisogna sapere subito che l'atto che troviamo sotto il tergicristallo non è il vero e proprio verbale emesso dall'organo, ma è una sorta di avviso di cortesia che ci fa conoscere l'intenzione dell'agente accertatore di procedere all'emissione del verbale di contestazione. 
La "multa"* sotto il tergicristallo, quindi, non è autonomamente impugnabile: serve più che altro a consentire all'automobilista di pagare in misura ridotta evitando le spese per la notifica del verbale o, se il pagamento è effettuato entro cinque giorni, di pagare il 30% in meno dell'importo previsto dal codice.
Di regola, infatti, il verbale dev'essere contestato immediatamente al trasgressore, a meno che non ricorra una delle ipotesi previste dal codice della strada (es.: assenza del trasgressore, veicolo lanciato ad eccessiva velocità, passaggio col semaforo rosso etc.).
Quando non è possibile la contestazione immediata, l'accertatore lascia l'avviso di cortesia (chiaramente se il veicolo è fermo, ad esempio in divieto di sosta e in assenza del conducente), oppure procede alla redazione del verbale e alla notifica che normalmente avviene a mezzo posta, indicando in entrambi i casi il motivo della mancata contestazione immediata.
E' quindi inutile, come fanno in molti, gettare via o ignorare la multa trovata sotto il tergicristallo, visto che non è quello l'atto con il quale si contesta l'infrazione e, anzi, se si è nel torto è più utile pagare subito in misura ridotta. Le possibilità che l'agente accertatore non proceda a redigere il verbale sono, infatti, molto poche.
E' anche inutile non ritirare la multa che il postino vuole consegnarci, o ignorare l'avviso che ci viene lasciato in cassetta per indicare che c'è un atto da ritirare presso l'ufficio postale: se il destinatario viene messo nella condizione di ricevere l'atto, ma non lo ritira volontariamente o nei termini di legge, la notifica si intende comunque perfezionata.
Se il verbale viene contestato subito, il conducente può fare ricorso nei termini di legge (sessanta giorni per il ricorso al Prefetto, trenta per il ricorso al Giudice di Pace). Il pagamento della sanzione, però, preclude la possibilità di fare ricorso.
Un'alternativa ai ricorsi è presentare un'istanza in autotutela all'Ente che ha emesso il verbale, che ha il potere di correggere o annullare un atto illegittimo: tuttavia, è consigliabile percorrere questa strada solo in presenza di irregolarità o errori evidenti commessi dagli accertatori (es.: per un errore di trascrizione della targa, viene sanzionato un veicolo che in realtà era imbarcato per un viaggio).
Se non c'è contestazione immediata, il termine per presentare ricorso decorre dal momento in cui l'atto viene notificato al destinatario: è importante sapere che l'organo procedente ha novanta giorni di tempo dal giorno dell'infrazione per notificare il verbale, altrimenti lo stesso può essere invalidato dal Prefetto o da Giudice. Ma attenzione: se l'ufficio procedente deve compiere delle ricerche per risalire al proprietario del mezzo o al trasgressore, il termine di novanta giorni decorre dal momento in cui lo stesso ufficio sia stato posto nelle condizioni di conoscere l'identità di tali soggetti. 
Il verbale, di regola, deve essere infatti notificato sia al trasgressore che al cosiddetto "obbligato in solido", cioè al proprietario del veicolo o comunque al titolare di altri diritti sul veicolo stesso.
Quando non viene identificato il trasgressore, gli organi accertatori notificano il verbale all'obbligato in solido e, se l'infrazione comporta la perdita di punti sulla patente, sarà necessario indicare i dati dell'effettivo trasgressore entro sessanta giorni dalla notifica del verbale, pena l'emissione di un altro verbale.
Come si può notare, le procedure previste dalla legge sono estremamente dettagliate e, sopra, sono stati omessi per brevità aspetti di fondamentale importanza. Il consiglio, quindi, è quello di rivolgersi in tempi brevi ad un legale quando si ritiene di essere dalla parte della ragione.

* = per la precisione, il termine informale "multa" è errato perché la multa è una sanzione pecuniaria prevista per i reati più gravi. Nel linguaggio di tutti i giorni, questo termine viene utilizzato per indicare il preavviso lasciato sotto il tergicristallo o il vero e proprio verbale di accertamento della violazione al codice della strada.