lunedì 21 ottobre 2013

Amnistia e indulto unica via? Ecco le alternative.

L'intollerabile situazione di sovraffollamento delle carceri italiane, che ospitano circa 65 mila detenuti a fronte di una capienza di quasi 48 mila posti, è un argomento che in queste settimane è tornato alle cronache sotto forma di emergenza; tuttavia, non ci sarebbe nessuna emergenza se già sette anni fa la politica si fosse presa la responsabilità di fare quelle "riforme strutturali" di cui quotidianamente ci riempie le orecchie.
E infatti siamo di nuovo al punto di partenza rispetto all'ultima "emergenza carceri": alla vigilia dell'indulto del 2006 i detenuti in carcere erano 61.400, il che vuol dire che se con quel provvedimento ne uscirono 26 mila, nel giro di sette anni sono rientrati nelle patrie galere 30 mila detenuti (tutti i dati vengono dal Ministro della Giustizia Cancellieri).
Ormai i cittadini, anche sulla scorta di ciò, sanno bene che i provvedimenti di amnistia e indulto servono a poco e rischiano anzi di peggiorare lo status quo (come in effetti è accaduto). Quello che non sanno, perché i politici non lo dicono mai pensando solo alla via più breve per avere meno responsabilità e tamponare le falle in attesa di nuove elezioni, è che dal mondo del diritto vengono avanzate spesso molte proposte per risolvere questa situazione da Paese incivile, a costo zero per lo Stato e in modo stabile. Eccone alcune.
1. La prima intelligente proposta è sostituire le pene detentive con sanzioni interdittive. Cosa vuol dire? Che chi ha commesso certi reati, anziché andare in carcere, viene interdetto per un periodo di tempo dall'esercizio di una professione. Sei un commercialista che ha truccato il bilancio per una società? Per cinque anni non puoi esercitare. Sei un professore che ha truccato un concorso? Idem.
2. Seconda proposta: depenalizzare. Se qualcuno storce il naso, non mi riferisco ai reati "gravi", ci mancherebbe, ma a quelle fattispecie che pur non mandando in carcere nessuno affollano i tribunali di cause: il risultato è che i processi per i reati più gravi vengono rallentati e i detenuti in attesa di giudizio restano in carcere per più tempo. Esempio: Tizio dà dello "str...o" a Caio. Reato di ingiuria: Giudici di pace intasati per roba del genere che (ci crediate o no) arriva fino alla Cassazione, che invece di occuparsi di cose serie deve stabilire se l'insulto di cui sopra è tale da suscitare una lesione dell'onore così grande da offendere il bene giuridico protetto, se il "vaffa" è reato o meno etc. Altro esempio, l'imbrattamento dei muri: cosa gravissima, l'ABC della delinquenza si potrebbe dire. Bene: invece delle sanzioni penali, che comunque sono talmente esigue da non mandare in carcere nessuno per questo reato, perché non costringere l'imbrattatore a svolgere lavori utili per la collettività per qualche anno con sanzioni amministrative e non penali? Fatelo svegliare per due anni alle cinque per ripulire i muri della città, vedrete come gli passerà la voglia di delinquere. Noi invece preferiamo fargli un processo penale, magari per danneggiamento, per poi dirgli che lo condanniamo a un anno e mezzo, ma per scherzo: sei incensurato, la pena è sospesa. Va' e imbratta di nuovo: intanto abbiamo perso mesi interi e i carcerati in attesa di giudizio possono aspettare ancora.
3. Rivedere queste tre leggi: Bossi-Fini, Fini-Giovanardi ed ex-Cirielli. La prima ha introdotto il reato di immigrazione clandestina che molti vorrebbero abolire. In realtà, al di là di questo aspetto c'è sempre il solito problema: quando sbarcano 200 immigrati, il Tribunale competente deve seguire 200 nuovi indagati, per cui tutto rallenta e nessuno si occuperà dei detenuti in attesa di giudizio. Se proprio non si vuole abolire questo reato, perché non far scontare la pena ai clandestini nel loro paese d'origine anche quando commettono reati di altro genere oltre all'immigrazione clandestina? La seconda legge manda in carcere chi fa uso personale di droghe sulla base di una presunzione: se superi una certa quantità, presumo che tu sia uno spacciatore. Ora, sul sito del Ministero della Giustizia (dati giugno 2013) si legge che sono 26 mila i detenuti per droga, cioè più di un terzo della popolazione carceraria. Sono più dei detenuti per delitti contro la persona (omicidio, lesioni, violenza sessuale etc.): vi sembra un dato coerente con la situazione sociale? Ecco perchè andrebbe rivista la Fini-Giovanardi: perché non distingue tra consumatore e spacciatore, e fabbrica solo detenuti. La ex-Cirielli è quella che fa meno rumore, ma è altrettanto sciocca: tra le altre cose, ha reso i processi e la detenzione molto duri per i recidivi, con effetti paradossali. Nel 2009, a Napoli, un tizio è stato condannato a tre anni di reclusione per aver rubato un pacco di wafer che costava 1,29 euro, proprio perché non poteva beneficiare di alcune attenuanti (es.: danno di lieve entità) in quanto recidivo. E anche qui torna la domanda: ma perché un Tribunale dovrebbe occuparsi di un furto da 1,29 euro anziché di violenze sulle donne, omicidi stradali, pedopornografia etc? Non dico che queste leggi andrebbero abolite in blocco, ma sarebbe lecito almeno rivedere quegli aspetti che rallentano il sistema e fabbricano detenuti in contrasto con il senso comune.
4. Rivedere la disciplina sulla carcerazione preventiva. Circa 25 mila detenuti sono ancora in attesa di una sentenza definitiva e, quindi, secondo la Costituzione sono innocenti. In realtà questi dati andrebbero spiegati: 10 mila sono stati almeno giudicati in primo grado o anche in appello, ma 15 mila persone in carcere in attesa di una prima pronuncia sono comunque troppe. Bisognerebbe quindi sostituire la detenzione preventiva in carcere con quella domiciliare, almeno per i reati minori: all'estero hanno sperimentato il braccialetto elettronico per favorire i controlli, da noi è stato un fiasco peraltro molto costoso.
Per concludere, un ultimo dato: non è vero che l'Italia ha troppi detenuti, perché sono circa 107 per ogni 100 mila abitanti contro una media europea di 127,7. Abbiamo troppi politici incapaci, questo sì.

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